Il processo d’appello: "Ergastolo per Elona. Aveva due moventi per uccidere i suoceri"

I pm chiedono il massimo della pena: "Non voleva che il fidanzato sapesse del suo tradimento e dell’aborto mentre era detenuto". Ma i coniugi albanesi vennero anche derubati di 60mila euro in contanti.

Il processo d’appello: "Ergastolo per Elona. Aveva due moventi per uccidere i suoceri"

Shpetim e Teuta Pasho, coniugi albanesi scomparsi nel novembre del 2015

FIRENZE

Ergastolo. Non bastano i trent’anni, inflitti dalla corte d’assise in primo grado, per Elona Kalesha, la quarantenne di origine albanese accusata di aver ucciso e fatto a pezzi i suoi suoceri, Teuta e Shpetim Pasho, i cui resti vennero ritrovati dentro quattro valigie abbandonate in un campo tra la FiPiLi e il carcere di Sollicciano nel dicembre del 2020.

Ieri, alla prima udienza del processo d’appello nei confronti dell’unica imputata di un delitto consumatosi oltre cinque anni prima dal ritrovamento dei trolley, i pm Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, assieme al sostituto procuratore generale Luigi Bocciolini, hanno chiesto il massimo della pena. L’ergastolo, appunto. Ma il processo non è terminato. Anzi. Appuntamento al prossimo 27 novembre per la lunga replica dei due difensori della 40enne, gli avvocati Federico Febbo e Antonio D’Orzi.

Nel loro ricorso contro la condanna di Kalesha, puntano a "disarticolare" le testimonianze che collocano l’allora fidanzata del figlio dei coniugi uccisi, Taulant, nell’appartamento di via Fontana 40, a San Jacopino, dove l’accusa colloca, tra il 1 e il 6 novembre del 2015, il delitto e il successivo smembramento dei corpi.

Il movente? L’elemento che non è stato ben messo a fuoco dalla sentenza impugnata da entrambe le parti, ma “assente“ in tanti omicidi noti elencati dal pm Galeotti (da Garlasco a Roberta Ragusa), è stato illustrato alla corte, presieduta dal dottor Alessandro Nencini. Sono ben due, secondo l’accusa, le situazioni che avrebbero spinto la 40enne ad ammazzare.

Il primo: la gravidanza segreta.

Elona sarebbe rimasta incinta di un altro uomo mentre il marito era in carcere, e avrebbe abortito il figlio avuto dalla relazioni extraconiugale. I genitori di Taulant l’avrebbero scoperto e per questo Elona li avrebbe uccisi prima che potessero informare il fidanzato. Elona avrebbe temuto infatti la reazione del fidanzato, che "sicuramente l’avrebbe massacrata, e probabilmente uccisa".

Il secondo: i soldi. Taulant prima di entrare in carcere aveva messo al sicuro il denaro derivato dalle sue attività di spaccio, consegnando 60mila euro ai suoi genitori, e 20mila al padre di Elona. Elona disse poi al fidanzato che i soldi dati al padre erano stati sequestrati dai carabinieri durante una perquisizione. Ma di questa perquisizione i pm non hanno mai trovato traccia. In compenso, al ritorno in libertà di Pasho, la fidanzata gli restituì il denaro, in contanti: per l’accusa, quei 20mila euro erano parte del “tesoro“ custodito dai genitori uccisi. L’accusa punta infine sulla "inconsapevole confessione" dell’imputata. L’unica copia di chiavi dell’alloggio di via Fontana, che Elona nascose finché poté ai parenti di Castelfiorentino dei Pasho, venne lasciata dentro la casa dove i coniugi sarebbero stati uccisi.

"Ho lasciato l’appartamento pulito e con le chiavi all’interno come da accordi", disse Elona ai carabinieri nel 2015. Un’informazione che avrebbe potuto sapere soltanto se fosse stata l’ultima a lasciare quella casa.

Chiara Ottaviani

Stefano Brogioni