MARCO
Cronaca

Il ragazzino da un dollaro e il calvario alla fermata del bus

Lo smarrimento nella città turca prosegue con l’incontro con Anukba: "Perché son venuto fin qua?"

Il ragazzino da un dollaro e il calvario alla fermata del bus

Il ragazzino da un dollaro e il calvario alla fermata del bus

Vichi

Mentre parla stende avanti una mano e ci picchietta sopra con la punta delle dita dell’altra. Ho tanta voglia di capire, ma il suo inglese è ubriaco e capisco solo "follow" e "money".

Sono stanchissimo, mi ci vogliono un po’ di secondi per elaborare il concetto, e finalmente capisco.

Sfilo di tasca un dollaro e lo do al ragazzino. Il piccolo turco parte, io lo seguo. Ho la gola secca, devo bere. Mi fanno male le tempie, come quelle fitte che vengono di mattina, dopo una sbornia.

A un tratto il ragazzino si ferma, mi indica una fermata del bus e alza quattro dita, poi sparisce. Cerco di non pensare a nulla e aspettando il bus guardo il cielo. Blu scuro, stelle luminose, una luna quasi piena.

"Perché sono venuto fin qua?", penso, e mi viene in mente il mio letto, in Italia.

Alla fermata ci sono solo io, ma la strada è piena di gente. Fa proprio caldo. Penso all’inglese, ai suoi sorrisi ironici, e mi sembra di capire in ritardo qualcosa che non mi piace. M’infilo in un vicolo, divido i soldi in mazzetti uguali e me li nascondo addosso, un po’ qua un po’ là. Torno alla fermata, sta arrivando un autobus. Alzo una mano e il carrozzone si ferma. Solo a guardarlo mi viene da sudare. È pieno, rumoroso, sporco.

"Appena scendo, devo bere" mi dico, e con coraggio mi faccio largo in quella parete di carne. Mi sembrano tutti grassi. Appese al soffitto due lucine tonde rischiarano l’ambiente, e in sottofondo una radiolina spande un suono sfilacciato. Il caldo mi inebetisce. Il bus corre veloce, sferragliando come un treno. Né curve, né buche lo fanno rallentare.

A ogni fermata sale qualcuno, ma nessuno scende. Siamo pigiati fino all’ossessione. Respiro solo aria già respirata. Mi sembra di essere in coda per una domanda di grazia. Cerco di non pensare che soffro di claustrofobia, e mi guardo intorno. Accanto a me un uomo dorme in piedi, oppure è svenuto. Intorno alla sua bocca aperta le mosche fanno il girotondo, e a turno si posano sulle sue labbra screpolate.

Il ragazzino che si è preso il dollaro aveva alzato quattro dita. Conto quattro fermate, e sgomitando esco da quella caldaia. Riprendo fiato e comincio a guardarmi in giro. Ho di nuovo in mano il mio foglietto con l’indirizzo. Per la strada c’è un mucchio di gente. Ho capito i meccanismi del luogo, e cerco subito un ragazzino da un dollaro. Trovo invece una bimba bellissima, con gli occhi grandi e scuri. Le faccio vedere il biglietto e le do un dollaro.

Lei mi fa cenno di andarle dietro e mi porta all’imbocco di un vicolo, due isolati più in là.

A gesti mi indica la direzione e mi fa capire che non è vicino. Sono a pezzi, ho paura di perdermi, e sempre a gesti le chiedo di accompagnarmi ancora. Sfilo di tasca un altro dollaro e glielo faccio vedere.

"Io Giulio" dico, indicandomi.

" E tu? "

"Anukba..." dice sorridendo, e vedo che le mancano due denti.

È davvero bella, penso. Lei prende il dollaro e mi accompagna per altri cento metri, poi corre indietro, ridacchiando e urlando qualcosa. L’unica parola che capisco è "casbah", e non mi piace per niente. Ma ormai sono qui. Comincio a salire in quel vicolo storto e poco illuminato. Vado avanti in viuzze sempre più strette, più buie, e incontro sempre meno gente. Adesso tutto è più sgusciante frusciante. Tengo in mano il solito foglietto e lo faccio vedere alle ombre che incrocio. A forza di cenni mi spingono su e giù per vicoli e gradini, fino al cuore della "casbah".

Qui non si distinguono più le case dai bazar, le porte chiuse da quelle aperte, non si capisce se si entra o se si esce, se si può o non si può. Qui il giorno e la notte non cambiano il corso delle cose. Qui non entra né il vento né la polizia.

"Sonia", penso, e mi faccio tornare il coraggio. Arrivo in fondo al vicolo più stretto del mondo e mi trovo davanti una scalinata ripida e storta...

(2 - continua)