"Voto in numeri, giudizio sintetico o esteso? Ogni generazione ha il suo pendolo. Ciò che veramente conta è il tipo di rapporto che intercorre tra gli insegnanti, l’alunno e la sua famiglia. Più il rapporto è stretto e più si può intervenire tempestivamente per risolvere eventuali problemi". E’ il pensiero di Antonio Patuelli, presidente dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana), ex studente modello.
Ai suoi tempi, come venivano assegnati i voti?
"In numeri, con una dinamica di voto frazionato: tra il 6, la sufficienza, e il 7, discreto, c’erano il 6+, il sei e mezzo, il 6/7 e il 7-. Solo a religione ci davano i giudizi sintetici, tipo buono o ottimo. Ma quando mia mamma era una scolaretta si utilizzavano i giudizi sintetici, mi ricordo il famoso ’lodevole’, ovvero il massimo, dieci e lode. E anche quando ha fatto le elementari mia figlia non c’erano numeri ma giudizi. A proposito, oggi si parla di scuola primaria di primo grado. non è una novità perché all’epoca di mia madre si chiamava primaria".
E’ tutto ciclico?
"Sono tendenze di natura culturale. I pedagogisti da sempre discutono quali siano i termini migliori di giudizio e le esperienze producono stimoli revisionisti".
Quindi, meglio un 6, un sufficiete o un giudizio esteso?
"E’ il contatto umano diretto tra genitori e insegnanti che fa la differenza. Prima esisteva un tandem educativo maestro-mamma che oggi è stato sostituito da una sorta di frequente sindacalizzazione dei genitori a difesa dei figli"
Le sue materie preferite?
"In quarta e quinta elementare mi ha appassionato l’educazione civica, bistrattata anche all’ora visto che non aveva un voto specifico. Ci insegnavano le basi della Costituzione e le differenze con lo Statuto Albertino. La mia vocazione per il diritto è nata allora. Poi la storia è diventata la mia materia preferita".
Cosa ne pensa del voto in condotta?
"Decisivo ai miei tempi e fortunatamente anche oggi. E’ un voto importante perché riguarda il comportamento, l’educazione, la formazione della persona".
Barbara Berti