Dall’arengario di Palazzo Vecchio fu spostata nel 1504 solo per far posto al David di Michelangelo. Ma due anni dopo venne già ricollocata sotto la Loggia dei Lanzi, per continuare a rappresentare quel vessillo di libertà che Firenze le aveva attribuito fin da subito.
La scultura di “Giuditta e Oloferne“ infatti non è solo un capolavoro in bronzo di Donatello, realizzato su commissione di Piero de’ Medici nel 1457, ma uno dei simboli della città. E se dal 1980 l’originale si trova per motivi di conservazione nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio, la copia all’aperto in piazza Signoria, resta il simbolo del trionfo dell’umiltà sulla superbia e della virtù sulla lussuria, proprio come l’eroina della Bibbia.
Putroppo il bronzo è materiale delicato, soggetto a corrosione, che necessita di sempre nuovi interventi di restauro.
L’ultimo è appena stato concluso grazie al sostegno di Friends of Florence, con un progetto articolato in due fasi, della durata complessiva di dieci mesi, effettuato con un ponteggio direttamente all’interno della Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio.
I risultati sono stati presentati ieri alla presenza di Simonetta Brandolini d’Adda presidente di Friends of Florence, della Console Generale degli Stati Uniti d’America Daniela Ballard, della curatrice del Museo di Palazzo Vecchio Serena Pini, il restauratore Nicola Salvioli. Ricordati inoltre i donatori Catharin Dalpino, Anna & Paul Friedman, Lauren & Phil Hughes, Judith & Arthur Rubin, Loralee West”, che hanno permesso l’intervento.
"Siamo molto felici di aver sostenuto il restauro della scultura di Giuditta e Oloferne di Donatello - ha detto Simonetta Brandolini d’Adda –, un’opera fondamentale non soltanto per la storia fiorentina, ma per l’arte e la cultura mondiale. In questo modo essa potrà continuare a mostrarsi alle generazioni presenti e future in tutta la sua potente bellezza".
Nell’intervento sono state rimosse tutte le problematiche conservative del metallo che si sono generate nei decenni e che continuano a progredire, sebbene più lentamente, grazie al ricovero all’interno del museo. Un’importante soluzione operativa è stata data dall’impiego del laser messo a disposizione dalla ditta El.en, che proprio all’Opificio delle Pietre Dure oltre un ventennio fa veniva tarato sui bronzi dorati, per risolvere i limiti delle tecniche di pulitura chimiche e soprattutto meccaniche in uso a quel tempo.
Con la spolveratura del 2004 erano state individuate solo tre piccolissime tracce di doratura a foglia eseguita da Donatello. La spolveratura successiva ne ha confermato la presenza, ma adesso l’osservazione al microscopio ha portato a supporre che potessero esserci molti più residui di rivestimento aureo, ipotesi poi confermata dalle successive analisi. Si immagina quindi che parti del bronzo fossero originariamente impreziosite da dorature, frequenti nella scultura fiorentina di quel periodo e ricorrenti nelle opere di Donatello.
Il restauro ha permesso anche di integrare la conoscenza della tecnica esecutiva dell’opera con qualche nuova informazione su particolari dell’assemblaggio del bronzo E’ stato inoltre eseguito un intervento di manutenzione del basamento lapideo del gruppo bronzeo.