
Il ritorno dell’ampeloterapia (estiva). Detox assicurato mangiando uva
Ciro
Vestita
Con la scoperta della penicillina, siamo nel 1940, inizia l’era della moderna medicina. Fino a quel momento tutte le cure avevano più o meno una base vegetale: cataplasmi per le faringiti, infusi di cardo per le patologie epatiche, suffumigi di salvia contro le
bronchiti.
Ma, in particolare, la regina di queste antichi presidi terapeutici era la ampeloterapia, ovvero le cure a base di succo d’uva (dal greco ampelos, grappolo).
Vengo dal profondo sud e ben ricordo negli anni ’50 mio nonno medico che usava continuamente questa meraviglia botanica e nutrizionale.
Il succo d’uva, infatti, (la cui composizione è simile a quella del latte materno) è ricchissimo di antibiotici naturali e quindi adatto come coadiuvante terapeutico a qualsiasi patologia che abbia una base infettiva.
Ma nel contempo è un ottimo energizzante vista la ricchezza in vitamine e sali minerali.
Bere al mattino un bicchiere di succo d’uva vuol dire diventare dei grilli nelle ore successive: più energia, migliore digestione e soprattutto grande pulizia del fegato e dei reni.
Non solo, recenti ricerche ci dicono che buone quantità di uva potenziano la nostra flora batterica intestinale considerata ormai il nostro esercito personale.
Ma è una molecola chiamata Resveratrolo a stupire da anni il mondo medico. Questa sostanza è un grande antinfiammatorio e combatte egregiamente l’invecchiamento (utilissima quindi per noi vecchietti).
Quale uva scegliere? Senz’altro l’uva nera ove queste sostanze sono maggiormente rappresentate. E a validare quanto detto, mi vengono in mente episodi della mia infanzia quando in estate vagavo fra vendemmie assistendo spesso a qualcosa di
incredibile: le raccoglitrici di uva, tagliando i grappoli, sovente si ferivano con le forbici.
Veniva subito fatto un impacco con uva schiacciata il cui succo fermava immediatamente l’emorragia, sterilizzando nel contempo la ferita.
Consigliabile quindi in questo periodo grandi quantità di uva, con una raccomandazione: non
buttiamo via i semini (i vinaccioli). Mastichiamoli lentamente e mangiamone tanti. Sono ricchissimi in acidi grassi nobili anticolesterolo.
I benefici dell’uva si traducono poi in quella meraviglia botanica che è il vino: poche quantità di vino a tavola forniscono anch’esse Resveratrolo, ma soprattutto danno gioia visto che permettono la liberazione da parte del cervello di endorfine, le molecole della felicità.
E il vin brulè? Decozione di vino con spezie (cannella, chiodi
di garofano etc), utilissimo per combattere le tante patologie virali che ogni giorno ci assediano.
Pare che questo vino medicamentoso sia stato ideato da Cavour dopo una gita nel nostro Chianti: tornato in Piemonte creò il Barolo e, nel contempo, dette ordine al suo farmacista di creare un vino medicamentoso, appunto il vin Brulè che noi toscani abbiamo invece dai tempi degli Etruschi.
Per chi guarda con incredulità queste antiche terapie, ricordo che ancora al giorno d’oggi, esse sono alla base di tanti nuovi farmaci.
Il farmaco principale per il cuore ad esempio è da sempre la digossina estratta dal fiore della digitalis purpurea.
Anche i più potenti veleni hanno una base vegetale. Basti pensare alla ricina, al curaro etc .
Curiosità: nell’agosto del ’78 la spia bulgara Georgie Markov passeggiava soavemente con la moglie nelle strade di Londra, ad un certo punto si accascia e
muore.
Tutti pensarono ad un infarto, invece si scopri che un agente del Kgb aveva punto il suo polpaccio con la punta di un ombrello intriso con una dose infinitamente piccola di Ricina. Episodio noto come “l’Ombrello bulgaro“. Il tutto per spiegare come il mondo vegetale sia potentissimo, anche a piccole dosi...