ALESSANDRO
Cronaca

Il sogno di Alfredo. Martini e il Tour, una storia infinita: "La bici simbolo di pace"

Il leggendario ct della Nazionale se n’è andato dieci anni fa. Ma la sua lezione sportiva e umana resta: "Il ciclismo merita il Nobel".

Il sogno di Alfredo. Martini e il Tour,  una storia infinita: "La bici simbolo di pace"

Il sogno di Alfredo. Martini e il Tour, una storia infinita: "La bici simbolo di pace"

di

Fiesoli

Lui non c’è, se ne e’ andato in punta di piedi, da signore quale era sempre stato, quasi dieci anni fa, il 24 agosto del 2014. Ma è come se fosse sempre fra noi, gente del ciclismo, gregari e campioni, il suo spirito e la sua lezione tecnica e morale ritornano con prepotenza in questi giorni a loro modo storici con la grande partenza del Tour da Firenze, un inedito storico.

Come avrebbe salutato Alfredo Martini la realizzazione di quello che poteva apparire, anche ai suoi occhi, come un sogno sportivo? Il Tour a Firenze, quasi impossibile da immaginare quando, nei suoi anni da ciclista in quei tempi gloriosi, poteva capitargli di forare sulle strade francesi e di farsi aiutare da Pierre Chany, il principe degli inviati al seguito della corsa, come nella foto.

E fu Alfredo, nel Tour del ‘52, a convincere Coppi a non ritirarsi dopo la disfatta di Saint Malo, e a lanciarlo così verso il trionfo finale con la prima maglia gialla del Campionissimo a Parigi.

Pensiamo che Alfredo avrebbe accolto il Tour sulle sue strade con commozione e felicità, con orgoglio e umorismo, secondo il suo stile, ricordando, certo, le imprese dei suoi amici Bartali e Nencini ma con un pensiero fisso e un messaggio per i giovani, che erano la sua vera passione. "Perché in bicicletta si pensa, si sorride molto di più rispetto a quando si sta in auto, il ciclismo tende a unire le persone e i popoli, la bicicletta anche per il suo significato sociale meriterebbe il Nobel per la pace", amava ripetere.

Nel 2013, per quei mondiali di ciclismo a Firenze, era già malato, riuscì a seguirli solo dal letto di casa, ma ci fece il regalo di collaborare con entusiasmo a uno speciale sull’avvenimento realizzato da questo giornale.

Andavo spesso a trovarlo, e mi consegnò il suo articolo scritto a mano, dove ricordava anche le maglie gialle di Gino Bartali ("Un uomo di ferro, un fuoriclasse nonostante un fermo di tre anni per il secondo conflitto mondiale", scriveva) e di Gastone Nencini ("Un campione amato dal grande pubblico per la sua innata combattivita’").

Un manoscritto che abbiamo custodito con grande cura. Ed esprimeva la sua riconoscenza a "tutti gli atleti, campioni e no, che hanno reso onore al ciclismo toscano e italiano".

La stessa riconoscenza che il ciclismo ha mantenuto, intatta, nei suoi confronti. Domani forse avrebbe aspettato il passaggio della corsa seduto su un paracarro, il suo posto preferito. E’ anche sua, c’è anche lui, gran signore della storia del ciclismo, in questa grande partenza del Tour da Firenze. Ciao, Alfredo.