di Lorenzo Ottanelli
Lei è Parthenope nell’ultimo film di Paolo Sorrentino, ora in programmazione nei cinema e primo al box office, con il miglior risultato per un film italiano della stagione. Celeste Dalla Porta ha 26 anni ed è alla sua prima esperienza sul grande schermo. Oggi presenta la pellicola, insieme a Daniele Rienzo, in vari cinema: al Portico di Firenze alle 16. Alle 18 e alle 18:45 sarà a Siena all’Alessandro VII. Ultimo appuntamento alle 21 al Principe di Firenze.
Celeste, Parthenope è un grande successo anche tra i giovani. Come mai?
"Oggi è sempre più necessario portare il cinema alle nuove generazioni e Paolo è estremamente contemporaneo, sempre attento al sociale. Parla di tanti temi contemporanei, di fratelli, dell’innamoramento, della perdita. È un film coraggioso che non ha paura di essere interpretato. E poi Parthenope è un personaggio libero che riesce a fare della passione la sua professione".
Parthenope è Napoli, lei è milanese. Quanto è stato difficile entrare nel personaggio?
"Non è stato difficile per l’aspetto geografico. Napoli mi ha accolta benissimo, è calda, bellissima. Sentivo la responsabilità di non essere all’altezza, ma è scomparsa velocemente, è stato quasi più facile recitare a Napoli che a Milano".
“Parthenope“ sembra avere molti significati. Lei che significato le dà?
"Sono tanti i significati e tante le interpretazioni. Quello che secondo me insegna è la via di mezzo, l’incertezza. In fondo l’incertezza è il motore fondamentale che ci porta al sacro e all’incredibile. È un film che apre tante domande e non dà risposte".
Tanti i temi del film, dal suicidio all’aborto. Parthenope, infatti, abortisce illegalmente.
"Quello è un grande atto di coraggio. Al tempo non era certo come oggi. Poi è una gravidanza chiesta dal padre di Parthenope e annientata dalla madre, il padre del bambino non sarebbe mai stato presente. E poi rappresentava la speranza di ritrovare il fratello. Ma questa non era una sua volontà".
Parthenope è molto bella e seducente. Sa sfruttare la bellezza, ma allo stesso tempo pare pesarle.
"Posso citarti il film: “la bellezza è come una guerra, apre tutte le porte“. È una guerra, quindi crea solo vittime. Ed è vero perché alcune donne del film non hanno saputo sopportare la fine della giovinezza. Le due attrici Flora Malva e Greta Cool si ritrovano perse, o in solitudine. Parthenope ha una scelta, se dare l’anima alla bellezza o se trovare la bellezza in altre cose. E lei non sa di sedurre, lei seduce perché gioca, non ha coscienza della sua bellezza. Quando capisce cosa può fare, decide di trovare la bellezza altrove".
E lei quanto assomiglia a Parthenope?
"Penso che tutti assomigliamo a Parthenope nella ricerca della coerenza e nella sua concretezza. In questi casi le sono molto vicina. Allo stesso tempo la sento distante perché è un personaggio mitizzato e idealizzato".
Parthenope diventa antropologa ma continua a chiedersi cosa sia l’antropologia. Cos’è quindi l’antropologia per lei?
"Alla fine il professore lo rende comprensibile: l’antropologia è vedere l’incertezza, è stare nell’incertezza. Non si può descrivere a parole. È il vedere mostruoso della bellezza, che è amplificato quando si ha dolore e quando si è felici".
Il significato che ha il figlio del professore è la domanda che tutti si fanno. Secondo lei cos’è?
"Difficile dare un significato. Per me è quella parte di noi che non vogliamo esca fuori, quella parte meravigliosa, ma che può essere anche brutta. Il professore mostra il figlio quando sa di potersi fidare di lei. E questo succede quando c’è amore".
Un grande approdo sul grande schermo, ha già dei progetti per il futuro?
"Ho dei progetti ma non ben definiti. Certo, per il momento la priorità è la carriera attoriale. Ma non voglio fossilizzarmi e ho
davanti a me tante possibilità".