ERIKA PONTINI
Cronaca

Il talento di mister Felder. Un mecenate in città: "La mia arte per Firenze. Ora un musical su Bartali"

Hershey, 56 anni, è nato in Canada. I genitori scapparono dalla guerra in Europa. "La sofferenza di mia madre mi ha insegnato a donare".

Il talento di mister Felder. Un mecenate in città: "La mia arte per Firenze. Ora un musical su Bartali"

Hershey, 56 anni, è nato in Canada. I genitori scapparono dalla guerra in Europa. "La sofferenza di mia madre mi ha insegnato a donare".

e Barbara Berti

La vocazione a fare del bene l’ha maturata nel suo dolore muto di bambino dinanzi al capezzale della mamma morta di tumore al seno: "L’ho vista soffrire tanto e ho pensato che dovevo fare qualcosa per gli altri". Quella di musicista, attore e poi produttore ("per non dover dipendere da nessuno") è stata una fiammella che si è trasformata in incendio quando andando a trovare la nonna nella casa di riposo vide "quei tasti neri e bianchi che facevano rumore, rimasi incantato".

Hershey Felder, 56 anni, nato in Canada ma metà ungherese e metà polacco ("sono un bastardo europeo", ride), cittadino del mondo dopo aver vissuto tra Los Angeles, Parigi e Montreal dove ha conosciuto sua moglie Kim Campbell, ex primo ministro canadese, ha scelto Firenze per farla diventare la sua casa, e restituirle ciò che in molti si portano via. E così è diventato direttore artistico del Teatro Niccolini e per prima cosa ha portato sul palco l’amico Jeff Goldblum, e ha regalato ai fiorentini i biglietti del suo ultimo spettacolo. "Per venirti a vedere le persone devono prima scoprire chi sei", racconta seduto nella sala della colazione del castello di Monteacuto a Bagno a Ripoli, un gioiello del 1100 (l’ultima parte è del 1500) con una chiesetta, un’ala trasformata in studio di registrazione, nove pianoforti disseminati ovunque - compreso uno appartenuto a Chopin con il quale improvvisa un concerto per ‘La Nazione’ - e una ristrutturazione che va avanti per far rivivere questo borgo, occupato anche dai nazisti per dominare dall’alto la città.

"È il mio buen retiro", sorride. "Sono stato sul palco 320 sere all’anno, per ventisette anni, quando c’è stato il Covid ho detto basta, e io e mia moglie abbiamo deciso di mettere radici qui, insieme al nostro unico ‘figlio’ a quattrozampe, Leo".

Felder, ci racconti…

"La mia è una storia semplice. Mio padre è nato in Polonia, mia madre in Ungheria, io in Canada dove erano scappati dopo la Guerra. L’Italia mi ha travolto, qui ho ritrovato le mie radici".

È un’artista poliedrico…

"Ho scoperto la musica a tre anni: mio padre la domenica mi portava a trovare la nonna in una casa di riposo. Nell’atrio c’era un pianoforte verticale. Rapito da quei tasti bianchi e neri ho provato a suonare, anzi a fare rumore. Poi ho iniziato a prendere lezione e mi sono innamorato. A 16 anni mi sono trasferito a New York per studiare musica e recitazione. La mia famiglia mi avrebbe voluto dottore".

Connubio strano, almeno in Italia. Più musicista o attore?

"No, sono solo pazzo (ride, ndr). La verità è che sono un uomo che ogni mattina si alza per fare il suo lavoro, quello di portare l’arte a un pubblico sempre più ampio, che sia la storia di un artista fiorentino, quella di Dante, o quella di altri…".

Ha deciso di riversare su Firenze energie e risorse, come?

"Regalando ai fiorentini i biglietti per gli spettacoli al Niccolini, i turisti americani possono pagare. A Chicago ho fatto così per farmi conoscere: per i primi due mesi ho donato i biglietti agli amici, al parrucchiere, all’avvocato, al panettiere. E si è sparsa la voce. Così si può creare quell’intrattenimento culturale che adesso manca in città".

E poi?

"Molti americani vogliono visitare l’Italia e i teatri devono raccogliere fondi. Ho dato vita ad una sorta di tour guidati per Firenze, farò da Cicerone. Loro pagano ventimila euro destinati ai teatri e vengono ospitati, io li porto in giro e li invito a cena".

Con la sua arte contribuisce a diffondere arte?

"Il primo tentativo di spettacolo in live streaming l’ho fatto nel maggio del 2020 con ’Hershey Felder as Irving Berlin...’ direttamente da casa mia. L’idea era di aiutare e far squadra con alcuni dei teatri, la pandemia li aveva messi in ginocchio in Italia come in America. Abbiamo staccato oltre 80mila biglietti da 50 dollari, raccogliendo quattro milioni di dollari".

E si è comprato un castello addirittura…

"Non è soltanto la mia residenza è il mio buen retiro dove invito gli amici (una stanza porta il nome di Helen Mirren, la prima inquilina), gli artisti che si esibiscono al Niccolini e i colleghi politici di mia moglie, che mondi diversi i nostri! Tanto il castello è grande, nemmeno ci incontriamo. E poi amo organizzare cene o serate di cinema. Leonardo Pieraccioni è un mio vicino di casa, è simpaticissimo".

Ma chi cucina?

"Io, ho imparato a stendere la pasta seguendo ’Pasta Grannies’".

Ha raccontato la storia del Quarto uomo, il carabiniere scampato al massacro dei militari di Fiesole, perché?

"È una storia che richiama quella della mia famiglia, deportata ad Auschwitz, me la raccontò il mio vicino, il pittore Daniel Graves e ho deciso di metterla in scena, anche per restituire dignità al quarto carabiniere".

Ha lavorato anche con Spielberg proprio sulla storia dell’Olocausto da giovane?

"Per la Steven Spielberg Shoah Foundation dovevo andare a intervistare i sopravvissuti all’Olocausto per la sceneggiatura di ’Schinder’s List’".

Ed è allora che ha conosciuto sua moglie…

"Al consolato di Los Angeles. Avevo bisogno del passaporto per partire per la Polonia, lei era console generale. Ho organizzato un concerto in suo onore, poi siamo diventati amici e... ma ci sono 21 anni di differenza. Ci dicevano come Cher ma noi stiamo insieme da 28 anni".

L’esperienza dell’Olocausto l’ha segnata…

"Tra le storie dei sopravvissuti mi colpì quella di un giovane costretto ad intrattenere i soldati nazisti fischiettando la melodia di ‘Rhapsody in Blue’, uno dei brani più celebri composti da Gershwin. Ne feci un racconto musicale e lo portai in scena, recitando e suonando. La prima produzione internazionale, ’George Gershwin Alone’, eseguita dal vivo oltre tremila volte a Broadway, Londra, Los Angeles, Chicago, San Diego, San Francisco, Boston, Philadelphia, Washington. E al Verdi di Firenze".

Ma lei crede di Dio?

"Io credo ci sia qualcosa che non sappiamo spiegare".

E adesso, che progetti ha?

"Portare in scena la vita di Bartali, nessuno l’ha mai raccontata in musica".