di Francesco Ingardia
"Tu sì, tu no". Che il valzer delle deroghe agli assessori abbia inizio. Eugenio Giani a stretto giro è passato da un grattacapo all’altro. Stavolta, però, indubbiamente più dolce. La doppietta alle regionali in Umbria ed Emilia del centrosinistra non ha solo ribaltato il passivo a danno del destra-centro, ma ha spianato ancor di più la strada verso l’incoronazione bis. Gennaio, sussurrano uccellini vicino al partito, sarà davvero il mese dell’annuncio della (ri)candidatura, le cui quotazioni salgono di settimana in settimana.
Da politico navigato stile Prima Repubblica, non si è fatto scalfire dalle dichiarazioni a fulmicotone del segretario regionale di Sinistra Italiana, che a La Nazione ha chiesto a gran voce spazio e pari dignità in coalizione (mentre da casa Renzi qualche mugugno, eccome se è arrivato). Oltre a "un vertice a tre Pd-Avs-5Stelle" senza di lui, come battesimo del cantiere democratico e progressista. Giani e il Pd sono alle prese con altri bilancini da oliare. A partire dalla conta dei nomi di consiglieri regionali uscenti a tetto di mandato in vista della XII legislatura.
Torna in auge più che mai il "lodo Ceccarelli". Una deroga cuscinetto del 2020 cucita a mo’ di vestito che aggiri la regola statutaria di via Forlanini delle due consiliature a Palazzo Strozzi Sacrati. Non applicabile a tappeto, ma solo agli assessori uscenti con già sulle spalle un giro da consigliere regionale. Con una postilla anche per il presidente del consiglio Antonio Mazzeo che - si rumoreggia - è pronto a "mettersi a disposizione del partito", dopo aver perso il volo europeo per Strasburgo, a correre aspirando un posto in giunta in caso di vittoria del campo largo. I vari assessori in quota Pd quindi possono dormire sonni tranquilli. Da Bezzini, a Baccelli, da Marras, a Spinelli. Qualche troppo rumorosa fuga in avanti viene segnalata nella componente in rosa: Monni-Nardini. Su tutte, l’affaire Multiutility e la maxi gara che Ait bandirà per il rinnovo della concessione del servizio idrico della Toscana centrale. Se si dovessero fare i conti oggi (ma non è così) ci sarebbe un bacino potenziale di una ventina di aspiranti assessori per otto/nove posti, al netto della parità di genere (quattro uomini e quattro donne). Un bell’inghippo. Perché oltre alla vecchia guardia c’è il nuovo che avanza.
Giani, in quanto ‘sindaco della Toscana’, sa bene che ci sono territori da valorizzare. Come Arezzo (molto apprezzati la sindaca di Lucignano Roberta Casini e di Cavriglia Leonardo Degl’Innocenti O Sanni) e Livorno. La costa rivendica per il 2025 un assessorato. E qui le quotazioni del segretario provinciale Pd Alessandro Franchi crescono. Livornese, responsabile dei servizi pubblici dei dem toscani, schleiniano, vicino a Fossi. Una ’casacca labronica’ che taglierebbe fuori l’altro livornese, il consigliere regionale Francesco Gazzetti. Tris a rischio anche per altri colleghi di peso. L’attuale capogruppo dem nel parlamentino Ceccarelli potrebbe accettare di candidarsi a sindaco di Arezzo. In pole anche il consigliere massese Giacomo Bugliani, pure lui al secondo giro di giostra, ma, raccontano, molto stimato dal Giani.
‘Ditta’ pronta invece a varare il ticket degli ex sindaci riformisti Matteo Biffoni (Prato) e Brenda Barnini (Empoli). Un tesoretto di preferenze troppo ghiotto e irrinunciabile per il Pd, al netto di qualche nervosismo sempre sul caso Multiutility (leggi Biffoni). Che, se certificato dalle urne, potrebbe anche essere usato dall’uno, dall’altra o da entrambi, come pistola fumante per strappare l’ingresso in giunta. Dei "rottamati" sgomitanti pur ci saranno, ma su di loro pende il no categorico di Emiliano Fossi a Giani rispetto all’ipotesi di farli confluire nel listone che il governatore tanto brama e otterrà. E questa è solo la partita in casa dem.