REDAZIONE FIRENZE

Il viaggio della speranza "È difficile dimenticare"

Durante la traversata per arrivare in Italia molti hanno subito violenze e torture

Bambini, giovani adulti, adolescenti. Ragazzi che difficilmente superano i 30 anni di età. Sono loro i prescelti dalle famiglie per compiere la missione della traversata. C’è chi sale sui barconi, e chi passa da Iran, Turchia e Grecia. L’unico obiettivo è arrivare sani e salvi. C’è poi chi resta a Firenze e chi invece sceglie di proseguire verso la Germania o la Francia (le due mete preferite per lingua e morfologia sociale). "Ho visto bambini di 8 anni attraversare il Mediterraneo, completamente soli. Non è una scelta facile da fare, ma le alternative sono peggiori anche delle prospettive di finire in balie dello onde, oppure di essere violentati nella rotta balcanica", svela l’interprete del Cas di Fiesole.

Si spostano a piedi, nascosti sotto i camion o sui treni, trasportati in macchina in autostrada, attraversano boschi e montagne pericolose, spesso di notte, per superare confini blindati, vengono respinti una, due, dieci, venti volte, in modo spesso brutale e illegale, nonostante abbiano meno di 18 anni, anche tra Paesi Membri dell’Ue. Ma non si arrendono. "Quando sono arrivato non sapevo una parola di italiano, adesso mi sento parte della città, anche se mi manca la mia famiglia", dice Mohamed, che ha 15 anni e già da due si trova a Firenze. Come lui sono molti i giovani che, una volta accolti nelle strutture del territorio, trovano una seconda famiglia e nuovi amici. "Non si può scordare tutto quello che abbiamo subito. Ho viaggiato per un anno, ma il momento peggiore è stato in Croazia, dove sono stato respinto 12 volte, in alcuni casi picchiato e derubato dalla polizia di frontiera. Ho camminato tanto a piedi, arrivando senza avere nulla da mangiare", continua un altro giovano di origine egiziana.

In altri invece la cicatrice indelebile sono le urla, le preghiere, gli schiaffi dell’acqua fredda che superano lo scafo del barcone. Ahmed era su un barcone di 25 metri, sul quale c’erano quasi 500 persone, tra cui bambini. Tutti hanno pensato di morire quando le onde di oltre quattro metri hanno travolto l’imbarcazione bagnando i loro effetti personali. Ricordi che difficilmente vengono rimossi totalmente, e che il più delle volte si trasformano in traumi psicologici. "La maggior parte dei migranti che arrivano sono sconvolti. Il viaggio è un evento che li condiziona per sempre, molti non riescono a pensare ad altro e vivono ogni giorno nella paura", chiosano gli operatori del Cas. La priorità per i centri di accoglienza, di ogni livello, è quindi anche quello del supporto psicologico, che diventa imprescindibile per un’integrazione completa del migrante.

C’è anche però chi in Italia, e sopratutto a Firenze, si crea una nuova vita. "Qui avevo già dei parenti, anche se in Somalia ho lasciato una moglie e due figli, al quale ogni mese mando quasi il 90 per cento di quello che guadagno", confessa uno dei ragazzi. Chi rimane, infatti, non ha più nulla. Per arrivare in Italia, i ’prescelti’ hanno speso tutti i risparmi per cercare una vita più sicura in Europa e tutte le volte che sono stati intercettati e rimandati in Libia hanno dovuto procurarsi altri soldi.

pie. meca.