Firenze, 17 maggio 2024 – Due sacchi di plastica ai bordi dell’autostrada A1 a Barberino del Mugello. Uno contiene ossa umane, ossa scarnificate: manca la testa, cinque vertebre, le parti inferiori di gambe e braccia, e gli omeri sono legati con uno spago. Un altro le parti molli di quello stesso cadavere. È il 21 giugno 2006: un camionista si ferma nell’area di sosta sulla carreggiata nord dell’Autosole e la sua attenzione viene subito rapita da quelle borse abbandonate nel boschetto accanto. Poco dopo la macabra scoperta. Mentre passeranno undici anni (nel 2017) prima di stabilire – con l’esame del Dna – che quei resti appartengono a Imane Laloua, una ragazza marocchina di 32 anni, scomparsa a Prato nel 2003.
Imane è stata massacrata e fatta a pezzi. Secondo il consulente medico-legale la morte della donna risaliva a circa due anni prima del ritrovamento. Fin da subito, la squadra mobile di Firenze, ipotizza la pista del satanismo. Un sacrificio umano nelle campagne fiorentine, un rito violento e occulto, di cui ancora oggi non si conoscono i responsabili. La procura di Firenze aprì un fascicolo d’inchiesta per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Pochi giorni fa, però, il pm Luca Turco ha firmato la (seconda) richiesta di archiviazione del procedimento.
Non ci sono elementi validi per andare avanti. Troppi i lati oscuri della vicenda: gli inquirenti hanno cercato in tutti i modi di far luce su un mondo di tenebre e violenza, senza però ricavarne risposte concrete. Nel faldone d’indagine, che tra circa un mese avrebbe compiuto diciotto anni dalla sua apertura, era anche presente un sospettato, che tuttavia solo tale è rimasto.
Imane Laloua aveva raggiunto la mamma a Montecatini Terme, dove lavorava come badante, nel 1995. Un rapporto fatto di alti e bassi e, nel frattempo, Imane si sposa pure. Poi nel settembre del 2003 la madre ne denuncia la scomparsa. Le indagini sulla sua sparizione non portarono a nulla. E a nulla approdò l’inchiesta aperta dopo il ritrovamento delle ossa lungo l’autostrada, anche se fu messo in relazione con l’agghiacciante sacrificio umano descritto da una adolescente di Prato sul suo diario. La ragazza scriveva che nell’agosto 2004, insieme con un amico, aveva compiuto sevizie e violenze, su una donna prelevata in strada.
All’epoca lei aveva 16 anni, frequentava un gruppo di ragazzi simpatizzanti dell’area dark metal che si ritrovavano, fra l’altro, nell’edificio abbandonato del collegio Cicognini, visitato di notte da gruppi dediti al satanismo. Non emersero mai prove convincenti tali da collegare le ossa con il sacrificio descritto dalla ragazzina, che sosteneva, peraltro, di aver soltanto dato sfogo a una sua fantasia. Il fascicolo fu archiviato. Nel 2017 il caso è stato riaperto grazie alle indagini genetiche. Il fascicolo passò per competenza alla procura di Firenze, con il procuratore Giuseppe Creazzo che lanciò anche un appello: "Chi sa parli". Nessuno, però, si è mai fatto avanti.