"Imboscata crudele e premeditata". I due brasiliani rischiano l’ergastolo

L’iraniano, 72 anni, morì dopo alcune ore per asfissia: aveva le mani legate e un sacchetto di tessuto in testa

"Imboscata crudele e premeditata". I due brasiliani rischiano l’ergastolo

30 novembre 2023: la polizia scientifica in via De Pinedo, a Novoli. A trovare il corpo esanime di Kiomars Safaei fu un parente della vittima, allarmato dal suo mancato arrivo al lavoro quella mattina

FIRENZE

C’è stata premeditazione da parte dei fratellastri brasiliani Gilson Guilherme Ponciano Marinho, 25 anni, e Matheus Cristiano Ponciano Mainardo, 20, ritenuti gli esecutori dell’omicidio dell’iraniano Kiomars Safaei Chaikar, 72 anni, avvenuto lo scorso 29 novembre in via De Pinedo.

Ne è convinto il pubblico ministero Sandro Cutrignelli che ha appena chiuso le indagini a carico dei due brasiliani, caricando i capi d’imputazione anche di questa accusa. I due, in un processo in cui non potranno optare per riti alternativi, rischiano l’ergastolo.

La crudeltà. L’aggressione a scopo di rapina a Kiomars, titolare di un banco di souvenir alla loggia del Porcellino dove gli stessi imputati avevano lavorato, fu "da tempo premeditata" proprio facendo leva sul rapporto con l’iraniano e la conoscenza delle sua abitudini, compresa quella di portarsi dietro i contanti degli incassi. A salire al sesto piano del palazzo di via De Pinedo (dove Kiomars viveva da solo) sarebbe stato Gilson Guillherme, il più anziano dei due. Si sarebbe nascosto sul pianerottolo mentre il fratello pedinava Kiomars a fine lavoro e faceva giù da palo.

L’"imboscata" riuscì: l’iraniano non si sarebbe accorto della presenza di Ponciano. Che mentre il commerciante apriva la porta, avrebbe sferrato i primi colpi. Un agguato, secondo la procura, "nei confronti di una persona anziana della quale conosceva sinanche una pregressa patologia cardiaca". E poi botte e ancora botte, alla testa e al corpo. L’autopsia ha individuato tumefazioni e fratture. Ma la contestata crudeltà si sarebbe esplicata quando l’imputato avrebbe rese il commerciante "incapace di agire" legandogli i polsi dietro la schiena con un nastro adesivo trasparente e coprendogli la bocca e gli occhi con un altro nastro, nero e cerato. Dopo avergli infilato un sacchetto di tessuto nero sulla testa, il brasiliano avrebbe preso i soldi che Kiomars aveva con sè.

La sofferenza. L’anziano rimase lì da solo, abbandonato, tramortito, incapace di liberarsi anche per la posizione prona.

"Poiché la testa non era avvolta da un mezzo propriamente asfissiante che avrebbe causato una morte più rapida - argomenta ancora la procura -, il processo asfittico si è protratto nel tempo a partire dall’epoca in cui sono state legate le mani, è stata chiusa la bocca, è stato inserito il sacchetto sul capo. L’occlusione degli orifizi aerei, il meccanismo di tipo compressivo al torace con impossibilità del movimento del mantice respiratorio, le fratture ossee e la persistenza di gravissima sensazione dolorifera causativa di iperventilazione, unitamente alla compressione ab estrinseco della gabbia toracica comportante asfissia da schiacciamento, hanno condotto a una difficoltà respiratoria seguita da lenta deprivazione di ossigeno e quindi al decesso di sofferenza straordinaria". L’aggressione avvenne nel tardo pomeriggio, mentre la morte viene collocata intorno a mezzanotte.

I due brasiliani - difesi dagli avvocati Gabriele Terranova e Iacopoo Scaffai - nelle ore immediatamente successive al delitto comprarono (anche con i soldi rapinati all’iraniano, secondo le indagini della Squadra Mobile) due biglietti per il Brasile. Ma non riuscirono mai a prendere quel volo, perché i poliziotti li fermarono proprio all’aeroporto di Bologna, mentre aspettavano di imbarcarsi. I familiari della vittima, che la mattina successiva si precipitarono in via De Pinedo allarmati perché il commerciante non si erano presentato a lavoro e non rispondeva al telefono, sono rappresentati dagli avvocati Gabriele, Nicola e Marco Zanobini.