REDAZIONE FIRENZE

Imbrattò l’opera ma in modo lieve: prosciolto

Vlacav Pisvejc danneggiò una statua di Urs Fischer in piazza della Signoria. In mancanza di querela di parte ha evitato la condanna

Gli avvocati Fabio Clauser e Giordana Salti e il consulente artistico e ‘difensore aggiunto’ Vittorio Sgarbi, hanno salvato l’artistica Vaclav Pisvejc da una possibile condanna per danneggiamento aggravato: un ovale arancio fosforescente dipinto, tracciato dal 50enne artista-provocatore ceco su una opera – Big Clay – statua in alluminio realizzata dall’artista svizzero Urs Fischer ed esposta in piazza della Signoria, gennaio 2018.

Il giudice Paola Belsito ieri ha infatti prosciolto Pisvejc. Peccato che la decisione sia dipesa da motivi meramente tecnico-procedurali, più che nel merito. In coda al processo è venuto meno il sale del dibattimento. Anche se in verità sarà interessante leggere le motivazioni (deposito fissato in 45 giorni) "che per l’appunto attengono – spiega l’avvocato Clauser – anche alla valutazione del Tribunale circa la sussistenza o meno del valore e dell’interesse storico artistico dell’opera". Saranno i giuristi insomma a individuare i limiti dell’arte e capire se vi sia un interesse pubblico da salvaguardare o se piuttosto non sia tutelata di più la libertà espressiva dell’artista, come garantito dalla Costituzione.

Perché dunque Pisvejc è stato assolto? "Perché il giudice monocratico ha esclusa l’aggravante di cui all’articolo 639 comma II° – continua Clauser – ovverosia l’imbrattamento aggravato. E’ stato ritenuto configurabile il solo imbrattamento ‘semplice’ che è però punibile solo, e semmai, a querela di parte. Ma Fischer non presentò querela. Inevitabile a questo punto il proscioglimento del mio assistito".

Pisvejc, definito esponente di arte figurativa, per Sgarbi non aveva arrecato alcun danno all’opera di Fischer. Né l’aveva svalutata. Semmai anzi, secondo il popolarissimo Vittorio, vi aveva apportato una miglioria. Tutto è relativo. "Perché non sarebbe arte quella di Vaclav?" aveva arringato Sgarbi, a fine settembre, penultima udienza, parlando di gesto "provocazione nella provocazione". Tutto è relativo, però. E tutto è opinabile. L’opera di Fischer, per esempio, ha incantato il critico Francesco Bonami, che a suo tempo l’ha definita "monumento alla semplicità e alla primordialità del gesto umano". Sdegno ed esecrazione di Sgarbi che l’ha paragonata – anche in Tribunale – a un escremento. Insomma: cotanta ammirazione da una parte, una severissima condanna e riprovazione dall’altra.

giovanni spano