FIRENZEDa diversi mesi è in carcere con pesantissime accuse di maltrattamenti alla moglie. Botte e insulti, spesso da ubriaco, che, nel delirio di un uomo incline alla violenza, non avrebbero risparmiato neanche i figli, quella della coppia e quello di lei.
Ma nel silenzio della sua cella rotto dalle notizie del femminicidio avvenuto alla Rufina, qualcosa dentro di lui è scattato. Così, ha scritto una lettera indirizzata alla procura che lo sta per processare e al giudice che lo dovrà giudicare, per "pentirsi" di quello che ha fatto e chiedere scusa ai suoi familiari.E ha invitato il suo difensore (che per altro è una donna, l’avvocato Sabrina Del Fio del foro di Firenze) a rendere pubbliche le sue parole, "affinché altri uomini con il mio stesso comportamento possano capire i loro errori e fermarsi in tempo".
La firma in fondo alla lettera è quella di Fation O., 41 anni, albanese trapiantato a Prato. Dal settembre scorso è detenuto alla Dogaia con una pagina stracolma di imputazioni da codice rosso. Insulti alla moglie, minacce di morte mimando il gesto del coltello con il dito all’altezza della gola, schiaffi se la cena non era di suo gradimento. Ira sovente moltiplicata dagli effetti dell’alcol, prepotenze mai spente neanche dalla presenza di due minori in casa, il figlio adolescente di lei e la sua bimba di quattro anni. Alla fine la donna trovò il coraggio di denunciare, e lo scorso settembre il giudice delle indagini preliminari di Prato ha emesso la più severa delle misure: il carcere.
Forse, in quei momenti in cui era fuori di sé e si accaniva contro la moglie, anche lui avrebbe potuto oltrepassare un ulteriore limite. Quello che è stato inesorabilmente varcato da Lorenzo Innocenti alla Rufina, nei confronti della sua compagna, davanti al figlio piccino, massacrata con ventisette coltellate.
"In questi mesi passati in carcere - dice Fation - e in particolare in questi giorni sentendo alla televisione del dramma accaduto a Rufina e del grave gesto compiuto da un uomo nei confronti di una donna e di una mamma, ho capito che la violenza non è la soluzione per nessuna questione nella famiglia, ho capito il male che ho fatto. Penso di aver capito che bisogna fermarsi prima di una misura estrema come il carcere, ma per colpa anche della mia cultura non comprendevo la gravità delle mie azioni delle quali oggi provo vergogna".
Al giudice ha espresso anche un desiderio: "Voglio iniziare un percorso di recupero dalla dipendenza dall’alcolismo al Sert non appena non sarò più detenuto".ste.bro.