Ricordando la figura di Luigi Einaudi in un recente convegno fiorentino, il presidente dell’ABI Antonio Patuelli ha sottolineato l’attenzione del grande economista per il risparmio, tuttora attuale. Sulla base del risparmio si creano i depositi nelle banche e su quelli vengono concessi i mutui, requisito essenziale per gli investimenti. Non tanto i conti correnti, ma i depositi vincolati: una volta erano i libretti, oggi si parla di obbligazioni bancarie e certificati di deposito.
Un tempo, da piccoli, avevamo le cassettine di ferro dove mettere le monetine e la chiave la custodiva l’impiegato di banca che l’apriva una volta piena e segnava l’ammontare nel librettino. Eravamo educati al risparmio, e così il nostro Paese ha costruito ricchezza, specie dopo il disastro del secondo conflitto mondiale. Negli anni ’50 del secolo scorso si è parlato a ragione di "miracolo economico". Siamo un popolo di lavoratori e di risparmiatori, o almeno lo eravamo, poiché negli ultimi anni si registra una flessione da parte delle famiglie, anche a causa della recente inflazione. La Costituzione, che protegge il lavoro "in tutte le sue forme ed applicazioni" (art. 35) "incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme" (art. 47). Eppure da certe parti politiche si levano minacciose istanze per colpire ulteriormente il risparmio, già pesantemente tassato. Siamo sicuri che la Costituzione sia veramente rispettata in materia? L’educazione a fare economie risale ai primi decenni dell’800, allorché sorsero pure in Italia le Casse di Risparmio, e a fine secolo le Banche Popolari, cioè Istituti di credito tesi ad assicurare significativi tassi di interesse ai piccoli risparmiatori, in particolare ai braccianti (siamo in piena civiltà contadina) che la domenica si recavano a depositare una piccola parte della loro modesta paga settimanale. Il principio della borghesia era quello di ridurre la beneficenza – salvo per chi non era più in grado a provvedere a se stesso – e favorire il nullatenente "a divenir proprietario": inizialmente di un pezzo di terra, valorizzando "il sudore della propria fronte", come auspicava Giovan Pietro Vieusseux a Firenze nel 1833.