ELENA BURIGANA
Cronaca

“Incel“: uomini che odiano (ancora) le donne

Le nuove generazioni e la violenza di genere che si diffonde sui social. La serie tv “Adolescence“ lancia l’allarme anche in Italia

Il piccolo Owen Cooper (Jamie Miller) e Erin Doherty (Briony Ariston) in Adolescence

Il piccolo Owen Cooper (Jamie Miller) e Erin Doherty (Briony Ariston) in Adolescence

"Chi è adesso il maschio alfa, stronze?". 23 aprile 2018, Toronto, un uomo di 25 anni uccide 11 persone e ne ferisce altre 15 investendole su un marciapiede con un furgone, affermando dopo l’attacco, di essere un “incel“. Dice anche di far parte di un gruppo online di utenti accomunati dall’ammirazione verso un altro attentatore, Elliot Rodger, un 22enne che quattro anni prima aveva ucciso sei persone in California e poi si era suicidato. Prima del suicidio Roger aveva manifestato in un forum online la sua frustrazione per il fatto di non avere mai avuto una fidanzata e di volersi vendicare prendendo di mira donne e uomini sessualmente attraenti. "Dopo aver comprato la pistola – scrisse Rodger – avevo provato una nuova sensazione di potere. Ora ero armato. “Chi è adesso il maschio alfa, stronze?”, mi sono detto".

Il fenomeno degli “incel“, abbreviazione dell’espressione inglese involuntary celibates ("celibi non per scelta") sta diventando prepotentemente d’attualità anche in Italia, in questi giorni, grazie alla recente uscita della serie crime inglese dal titolo Adolescence, creata da Jack Thorne e Stephen Graham e diretta da Philip Barantini. Balzata subito al primo posto nella top ten delle fiction più viste su Netflix pure nel nostro Paese, la serie di quattro episodi con protagonista il tredicenne Jamie Miller (Owen Cooper), accusato dell’omicidio di Katie, si sofferma su questa sottocultura che si diffonde online, portando il pubblico a chiedersi: quali strumenti stiamo fornendo alle nuove generzioni per combattere l’emergenza legata alla violenza di genere?

Zanichelli ha introdotto proprio lo scorso anno sul suo vocabolario il termine “incel“, utilizzato per definire quegli eterosessuali che non hanno rapporti sessuali perché si sentono discriminati e rifiutati dalle donne. Intorno a questa parola, dagli anni Dieci del Duemila, si è sviluppato un dibattito che torna ciclicamente di attualità, in quanto essa viene adoperata per descrivere la sottocultura maschilista e misogina, largamente proposta sui social, a cui si rifanno certi uomini, spesso ragazzi. La cultura “incel“ infatti promuove esempi di mascolinità tossica e solleva questioni sulla violenza di genere tra i giovani, soprattutto tra quelli della Generazione Alpha (i nati dal 2010) e della Generazione Z (dal 1996).

Ma qual è l’origine di questo fenomeno? Argomento centrale dei men’s studies - campo di ricerca di tradizione anglosassone che dagli anni Settanta si occupa delle influenze culturali e sociali sui principali modelli di maschilità –, la discussione intorno agli “incel“ cominciò a diffondersi in relazione a gravi episodi di violenza sulla donne. Caso emblematico fu appunto la strage canadese del 23 aprile 2018 messa in atto dal 25enne Alek Minassian che uccise 11 persone autoproclamandosi “incel“, fan dell’altro attentatore Elliot Rodger. Manifestazione di ciò che viene definita “manosfera“ – fenomeno online fondato su misoginia e ideologie estremiste – la sottocultura “incel“ si sta rapidamente insinuando anche tra gli adolescenti italiani, che ogni giorno nei loro feed social vengono a contatto con una costellazione di rappresentanti di odio misogino, misantropo e antisociale.

Noto è il recente caso che vedeprotagonisti Davide Lacerenza, (il “Mosè dello Champagne“), proprietario della Gintoneria, a Milano, che offriva “pacchetti all inclusive“ di beverage, coca ed escort, e Filippo Romeo (aka “Filippo Champagne“), i quali dopo l’arresto (4 marzo) del terzetto Lacerenza-Nobile (ex fidanzata di Lacerenza, figlia di Wanna Marchi) e “Righello“(factotum di Davide), hanno fatto il boom di follower sui social. Trasformati negli “eroi della Gintoneria“, i loro profili, sono diventati di tendenza, come quelli di un qualunque influencer. Vi è dunque una forte diffusione di modelli maschili che tendono alla massimizzazione di tutto: dall’immagine di sé, al successo economico. L’imitazione di queste personalità da parte dei più giovani arriva di default.

La situazione sta diventando ancora più problematica nella misura in cui c’è chi, a sua volta, dà voce e spazio a questi soggetti nei propri programmi. È il caso di Giuseppe Cruciani, conduttore della Zanzara, che accusato di "aver creato dei mostri" replica: "I mostri ci sono già, io li faccio solo parlare...".