di Ludovica Criscitiello
C’è il richiamo alle origini indonesiane che non può più tacere. Unito al ricordo di un padre prima perso e poi ritrovato, condito dall’atmosfera dal sapore asiatico che si respira nella casa di Tiziano Terzani nel cuore verde di Bellosguardo. Geia Laconi, nuora di uno dei più grandi corrispondenti del ‘900, appassionato di Asia, parla del suo libro "Figlia dell’uomo tigre. Alla scoperta di un padre perduto e della corrente luminosa che unisce mondi lontani". Insieme a lei Giulia Ichino, editor di Giunti che ha pubblicato il libro.
"Non ho fatto in tempo a conoscere Tiziano – racconta l’autrice – Quando ho conosciuto suo figlio Folco, era già scomparso da due anni anche se ho potuto viverlo attraverso i racconti e l’anima di questa casa impregnata del suo spirito". Tra vecchie foto, libri appartenuti al giornalista, arredi e tappeti che richiamano la cultura orientale Geia ripercorre i momenti che l’hanno portata a concepire l’idea di riportare su carta la sua storia e quella della sua famiglia. "Con Folco abbiamo deciso un paio di anni fa di trasferirci per un periodo in Indonesia, volevamo che i nostri figli conoscessero un altro angolo del pianeta che poi rispecchiava l’altra parte di me che a lungo avevo tenuto nascosta e sepolta".
Ed è stato là che poi è riaffiorata nella sua completezza. "Tornare alle mie radici ha significato riunire quelle due parti dentro di me, permettendo ai ricordi di emergere tra le ’foglie giunglesche’ del mio animo". Una storia raccontata attraverso la Geia bambina, frutto dell’amore di Laura giovane fiorentina e Laconi, ragazzo indonesiano dallo sguardo selvaggio, incontrato negli anni ’70 durante un soggiorno in Africa. Da lì i due iniziano un viaggio che li porterà per un po’ di tempo in Indonesia, sull’isola di Sumatra in un piccolo villaggio dove nasce Geia nel 1979. "Mi hanno raccontato che quando sono nata l’ostetrica non fece in tempo ad arrivare e mia madre fece tutto da sola. Alla fine mio padre prese la placenta e la seppellì perché così si usava".
Pezzi di una storia che si interrompe e poi si ricompone così come il rapporto di Geia con il padre. "Mia madre decise di tornare a Firenze e mio padre la seguì per amore suo e mio, ma non fu facile per lui adattarsi, era uno dei primi immigrati e per questo ha sofferto molto. Si è ritrovato in un’altra "giungla" dove si sentiva diverso. Lui aveva un aspetto gentile, dolce, delicato e umile, qualità che forse in quel contesto potevano essere viste come debolezza". La vita però fa giri strani per poi rimettere le cose al loro posto. "I miei genitori si separarono ma alla fine si sono ritrovati e sono ritornati insieme. È allora che è nato mio fratello".
Un’altra epoca. "Per mio padre vederlo in un ospedale dietro un vetro fu una sorta di choc facendo il confronto con il giorno della mia nascita". Un viaggio intimo e personale quello di Geia che riporta a galla anche ricordi che pungono un po’ come spilli. "Volevo solo essere come gli altri – continua - e invece mi sentivo quella strana quando mi chiedevano del mio nome e da dove venissi. Con il tempo ho imparato a usare queste differenze come punti di forza e unicità". E a fare pace, attraverso la scrittura, con se stessa, le sue sofferenze e le due culture che convivono in lei.
Martedì alle 18, alla Feltrinelli Red di piazza della Repubblica, Geia Laconi presenta il suo libro assieme a Raffaele Palumbo, giornalista di Controradio.