LUCA
Cronaca

Istantanee della guerra. La storia del postino di Doberdò che da Firenze dà sollievo ai militari. Quell’inviato speciale al fronte

Yambo, nella sua veste di “pupazzettista“ racconta in modo satirico le trincee della Prima guerra mondiale. In questo articolo del 17 ottobre 1916 le vicende dei soldati vengono riportate da chi consegnava le missive. .

Il postino di Doberdò

L’ho incontrato nella prima sera della nostra spaventevole azione di artiglieria, in uno del tortuosi camminamenti dei Cosich.

Nell’aria era il rimbombo delle folgori, ma il cielo splendeva di una serenità divina. Le furie degli uomini non arrivavano fino lassù. Sperduto nell’azzurro, un aeroplano nemico bianco come un albatro roteava con un frullare sonoro ed inquieto, intorno al poggio. Dalle profondità fiammeggianti nelle quali moriva il sole, scaturivano altri areoplani ed accorrevano: ma le ali eran tinte del colori della nostra bandiera. L’Aviatik aveva scorto gli avversari e il suo ronzio si faceva più acuto, il suo volo più incerto: avrebbe voluto fuggire e pure indugiava, nella rabbia di dover forse troncare una missione, importante e necessaria. Chi sa?

Aveva spiato dall’alto l’appostamento di qualche nostro grosso calibro o voleva portare a compimento la sua osservazione. Ma velivoli da caccia, i temuti levrieri dell’aria, sopraggiungevano...

– Te ne vai? – brontolò una voce rauca, a una svolta del camminamento. E vidi apparire una figura lunga o smilza, un viso scarno che non attenuava punto le linee tragicomiche del teschio: ma gli occhi aguzzi e vivaci splendevano di luce profonda sotto l’ampio elmetto ammaccato. L’uomo vestiva la divisa del soldato cielista, ma un po’ modificata dalle vicende esteriori e dalle consuetudini personali: si appoggiava a un lungo bastone che terminava in una punta aguzza d’acciaio, provocatrice di scintille su i sassi rossigni di cui era sparso il difficile sentiero.

– Bada, se ‘un te ne vai!... – ripeté il soldato, levando il bastone a minacciare l’aeroplano austriaco. – Toscano? – domandò a questo punto un collega.

– Fiorentino – e l’uomo smilzo si avvicinò a noi, accennando una piccola smorfia di saluto. – Ma ora, tanto, fiorentino o no... mi, par d’essere di questi posti... Sorto che di toscano m’è rimasto questo mezzo che non vuol tirare, figlio d’un..: Sputò la cicca, si pulì la bocca, riguardò in aria, crucciato,

– Mi guarda quel maledetto lassù!... – e accennava l’aeroplano. – Ronza, ronza! accidenti a lui! Se casca, o se lo trovo io in terra, lo inchiodo con questo! Tiran le bombe come confetti, quei demoni! E io, gli è un destino, ce ne ho sempre uno sul capo!... Interrogammo allora quel bravo figliuolo, che pareva un sacco di mestoli, ma che era animato da un così singolare spirito... offensivo.

– Dove vai, ora? – Rifò la strada come tutti i giorni. Oramai, gli, è un anno e mezzo... ‘Un si sbaglia: scendo di macchina alle fornaci di Selz, o su, m’arrampico per il poggio, io via via, per i camminamenti e le trincee, ove giungo fino a Doberdò. Quando i soldati mi vedono spuntare di lontano, mi cominciano a chiamare o cosino! vien quie! ha avuto ritardo ittreno? e io comincio a distribuire lettere, pacchetti, cartoline... Mi aspettano, come il Messia certe volte, c’è chi m’abbraccia perchè gli ho portato notizie bone. Quelli che non ricevon nulla, mi guardan male. Ieri c’era uno che voleva a ogni modo che gli dessi la lettera della su’ dama.

"Ma se un ce l’ho, icchè t’ho a dare?" E quello: "Sie, ci ha a essere: la m’ha scritto di certo". E io: "La si sarà sperduta!" E lui: "O perché allora le ricevono, gli altri?" Ho cercato di buttare le cose in ischerzo: "Se ti contenti, domani la lettera te la scrivo io...". Ma lui m’ha guardato cogli occhi lustri. Se lo sapessero, queste ragazze, che anche una riga la basta a rimettere al mondo un omo, le scriverebbero sempre, ecco!

Mentre il giovanotto parlava, cadde una granata sul poggio. Sussultò un poco, poi disse:

– Giue! altro che grandine! Certe volte per portar la posta, mi tocca a saltare tra uno scoppio e l’altro. Poi, quando c’è qualche areoplano, mi ficco nelle buche...: E allora arrivo tardi: il treno ha avuto guasti per la strada... Una volta una scheggia mi portò via la posta: raccapezzai qualche lettera, ma la maggior parte fu dispersa. Bisognava sentire i soldati: "Tu l’avei a ritrovare!" Fossi stato grullo!... Dove eran cascate le lettere, pioveva piombo e foco. (...)