Firenze, 17 settembre 2023 – «Sono innocente, in quel borsone c’erano soltanto dei vestiti da lavare". Un semplice viaggio in lavanderia. Spiega così Alberto, uno dei cinque indagati - insieme agli zii di Kata, Abel e Marlon – dalla procura di Firenze per sequestro di persona, la sua presenza il 10 giugno scorso (giorno in cui è sparita la piccola Kata) fuori dai cancelli dell’ex hotel Astor.
"Non aveva nessun rapporto con la famiglia di Kata, e quello di cui è a conoscenza verrà riportato ai pm", aggiunge Andrea Ricci, il legale del giovane di origini romene.
Una versione , con dettagli leggermente differenti, che ricorda quelle degli altri indagati. Alberto (che nell’Astor non viveva stabilmente) è stato immortalato dalle videocamere mentre usciva dall’ex albergo alle 19:23 del 10 giugno con un borsone, abbastanza grandi da poter contenere la piccola Kata, per poi rientrare alle 21:49 dello stesso giorno, sempre munito della sua valigia.
Stessa dinamica, momento della giornata diverso, anche per l’altra indagata, una delle due cugine peruviane, che ha portato fuori dall’Astor (senza però fare ritorno la sera stessa) un piccolo trolley celeste con, secondo le sue dichiarazioni, dei vestiti al suo interno.
Sul borsone e i due trolley (uno rimasto in camera di una delle due indagate peruviane fino al giorno dello sgombero dell’Astor), la procura cercherà il dna di Kata. Lo farà con una consulenza che lunedì prossimo verrà affidata al consulente Ugo Ricci. Mentre tutti e cinque gli indagati, secondo le prime indiscrezioni, non assumeranno un consulente tecnico.
Insomma, la risposta ai pm è corale da parte degli indagati: "Ero lì, ma non c’entro niente". Oppure: "Non c’ero, e se c’ero dormivo". Così infatti si è difesa Lidia Mirciu, la rumena “amministratrice“ dell’occupazione dell’Astor, dagli attacchi della madre di Kata, che gli chiedeva di confessare la sua versione. "Non so niente, quel giorno dormivo – dice Lidia– perché avevo fatto la chemioterapia. Quando ho saputo della scomparsa della bambina anche io mi sono messa con la mamma e gli altri a cercare Kata". Una "storia tra peruviani", ribadisce ancora Lidia.
Nel frattempo, per le ricerche della bambina sono stati chiamati in causa anche i Cacciatori eliportati di Calabria, uno dei corpi d’élite dell’Arma creato trent’anni fa per dare la caccia ai latitanti e, ancor prima, all’Anonima sequestri dell’epoca buia dei sequestri di persona quando gli ostaggi venivano nascosti in zone impervie dell’Aspromonte.
La Direzione distrettuale antimafia della procura di Firenze, diretta da Luca Tescaroli, ne sta valutando l’impiego, in collaborazione con i ’Crimini violenti’ del Ros, già in campo insieme al Reparto operativo del comando provinciale di Firenze per tornare dentro l’albergo di via Maragliano.
Nel corso della perquisizione eseguita dopo lo sgombero, venne chiamato anche il Silent team dei Gis, le teste di cuoio, perché in possesso di una sofisticata tecnologia come le termocamere per ispezionare le contropareti e gli anfratti dell’albergone di via Maragliano.
Il nuovo sopralluogo dei pm dovrebbe comunque avvenire, se verrà ritenuto opportuno, dopo un altro sopralluogo. Quello richiesto dai legali dei genitori di Kata, Sharon Matteoni e Filippo Zanasi, che assieme al consulente Luciano Garofano e a mamma Katherine e babbo Miguel Angel Romero Chicllo, torneranno dentro le stanze.
Quanto alla pista Perù: dalla procura di Firenze sono partite le richieste per gli interrogatori di 13 persone, tramite rogatoria.