Firenze, 7 agosto 2023 – “Recojo de”, ovvero “raccolgo da”. È questo l’incipit scritto a penna che titola quello che sembra a tutti gli effetti un libro mastro per tenere la contabilità, rivenuto all’interno di una delle stanze dell’Astor di ’proprietà’ dei familiari di Kata. Un semplice taccuino ad anelli e fogli di carta, dove sono elencati nomi e numeri di riferimento delle camere intere dell’ex albergo (315, 312 e via dicendo), e di fianco l’ipotetico obolo versato o ancora da riscuotere. Alcune di queste stanze, e le denunce degli ex occupanti che vi avevano trovato asilo, compaiano anche nell’ordinanza di custodia cautelare emessa sabato dal gip Antonio Pezzuti, che ha portato all’arresto dei quatto presunti ras – tra cui lo zio di Kata (detto Dominique) e Carlos, considerato il “duegno“ (proprietario) dell’hotel –, che controllavano il racket degli affitti nell’Astor.
A trovare il taccuino, nella notte del 14 giugno in cui ha albergato in una stanza dell’Astor concessagli da Miguel e Abel (rispettivamente il padre e lo zio dei Kata), è l’investigatore privato Walter Piazza, arruolato per un breve periodo proprio dalla stessa famiglia della piccola bambina peruviana, scomparsa ormai dal 10 giugno. Una stanza extra nella quale Piazza, insospettito da alcuni movimenti anomali – ripresi da una telecamera nascosta – dello zio e del padre di Kata, ha inoltre scoperto un pertugio sopra la doccia del bagno, dentro cui era stato riposto un pacchetto di carta stagnola con all’interno, come confermano i carabinieri che lo hanno esaminato e passato al vaglio, due cellulari.
A cosa servivano? Il loro contenuto è stato utile per lo sviluppo delle indagini? Questo non è dato saperlo. Quello che invece è certo, e la stanza extra messa a disposizione di Piazza ne è la prova, è la potenza di fuoco che alcuni dei familiari di Kata possedevano tra le mura dell’ex hotel. Le testimonianze degli ex occupanti riportate negli atti, parlano infatti di un’impresa criminale che aveva come unico obiettivo quello di fare soldi.
Anche a costo di buttare per strada due famiglie di connazionali solo per conquistare altre stanze dello stabile. Dagli atti emerge infatti che nel mirino di Carlos, Abel e del loro braccio armato (nel quale viene collocato anche il padre di Kata), erano finite due famiglie di peruviani, considerate come la fazione nemica. Famiglie che sono state al centro dell’escalation di domenica 28 maggio, culminata con il cittadino ecuadoregno che si getta dal terzo piano dell’Astor per paura di "essere ammazzato" da chi non lo voleva più nell’edificio. Pochi minuti prima, però, anche un altro ex occupante peruviano era stato afferrato per le braccia e bloccato al collo con l’avambraccio "da Dominique" per poi essere trascinato di peso fuori dalla propria camere. Nell’occhio del ciclone sarebbe finita anche la stessa famiglia di Carlos, che avrebbe mandato via dallo stabile (dopo minacce e violenze) l’ex moglie e la figlia solo per poter riaffittare la stanza e guadarci.
Tafferugli e liti all’ordine del giorno, che non scattavano soltanto quando in palio c’erano le esose somme chieste per l’occupazione delle stanze – che potevano arrivare anche a 1200 euro –, ma anche quando Carlos, Abel e Lidia (la donna romena che viene indicata come altra gestrice del racket degli affitti) bussavano alla porta per chiedere 5, 10 o 20 euro per i lavori di manutenzione dell’immobile. "Lavori che poi non avvenivano, e i soldi se li intascavano loro", svela una dei testimoni.
Infine, si legge ancora tra le testimonianza, le tasse venivano anche motivate come somme di sostegno per le spesi legali di "Marzia, una delle responsabili del movimento che ha fatto l’occupazione dell’hotel". Un punto (da cui tutto a inizio) su cui urge fare chiarezza.