STEFANO BROGIONI
Cronaca

Kata, inghiottita dal buio: novanta giorni di misteri. Dal rapimento all’errore

L’altalena di ipotesi legate alla scomparsa della bambina dall’hotel occupato. Nessuna immagine della sua uscita. E non sono arrivate richieste di riscatto

La piccola Kata

La piccola Kata

Firenze, 10 settembre 2023 – Nella tarda serata di sabato 10 giugno, dopo che un violento acquazzone si era abbattuto sulla città, la comunità peruviana aveva già tappezzato San Jacopino di volantini e tanti sudamericani si erano radunati in piazza Dallapiccola.

Anzi, a un certo punto, si diffuse una voce che sembrava interrompere l’ansia. Invece, esattamente tre mesi dopo, quello di Kata rimane un mistero. Che diviene più fitto, giorno dopo giorno.

Da quel sabato di giugno ad oggi, tante piste sono state battute e molte sono ancora sotto investigazione. Ma di Kataleya Mia Alvarez Chicclo, cinque anni, per tutti Kata, restano soltanto alcune immagini consegnate ai media e ai social.

Due occhietti vispi e bruni, le codine sbarazzine, il sorriso che tutti si augurano non si sia mai spento. Una brutta storia iniziata all’Astor, l’ex hotel di via Maragliano che dal settembre del 2022 è stato occupato da circa un centinaio di persone, peruviani e rumeni, che convivono in un clima burrascoso, cariato forse dalle prepotenze legate a un ipotetico racket legato alla vendita delle stanze.

Tra gli “inquilini“ di questa operazione benedetta dal Movimento lotta per la casa, ci sono anche i familiari di Kata. L’ultima immagine di Kata è alle 15.13 di quel giorno. Dopo che suo fratello e altri bambini sono usciti per andare al campino di calcetto, lei scende le scale esterno che dal secondo piano portano verso il cortile o il pian terreno dell’edificio. La mamma, uscita al mattino per andare a lavoro, non c’è. Tornerà circa mezz’ora dopo.

La bambina era affidata ai parenti. D’altronde, all’Astor viveva lo zio materno Abel, ma anche il nonno paterno e uno dei suoi figli. L’altro figlio di nonno Chicclo, Miguel Angel, cioè il babbo di Kata, quel giorno è ancora in carcere. Appena saprà che sua figlia è scomparsa, tenterà il suicidio a Sollicciano.

Poi esce e si precipita dai magistrati a raccontare i suoi sospetti. Tra questi, anche l’ipotesi di uno scambio di persona: e cioè che fosse un’altra occupante dell’Astor il vero bersaglio di una ritorsione per una storia di droga.

Anche la mamma, mentre tutti i riflettori sono puntati sull’Astor, si bagna le labbra con la candeggina e finisce a Careggi per qualche giorno. Gesti che ancora oggi mal si spiegano, in un caso che sta diventando un rompicapo. Perché nonostante la zona dell’Astor sia sotto un fitto reticolo di telecamere (telecamere che hanno ripreso - ad esempio - la caduta dalla finestra di un occupante ecuadoregno, la notte del 28 maggio) non è stata trovata un’immagine di Kata che esce, in qualche modo, da quel perimetro.

Il 17 giugno l’Astor viene sgomberato, e dal giorno seguente i reparti speciali dei carabinieri lo perlustrano in ogni angolo.

Niente. Kata non c’è. Però, tra le pieghe dell’inchiesta della Dda, in cui si ipotizza un sequestro di persona (ma non risulta nessuna richiesta di riscatto) legato proprio alla guerra per il controllo dell’Astor, il 5 agosto arrivano i primi arresti. La scomparsa di Kata non c’entra. O meglio, è un ingombrante sfondo che fa da cornice alle manette ai polsi dello zio Abel Argenis e di tre connazionali. E di Kata, dal 10 giugno ad oggi, nessun segnale.