Firenze, 2 agosto 2024 – Nel caso di Yara Gambirasio, in tre anni e mezzo di indagini furono analizzati circa 18mila campioni di dna. Nel caso Kata, se il genetista Ugo Ricci riscontrerà tracce biologiche sullo straccio, il secchio e il peluche – rinvenuti in una delle camere dell’ex Astor – che appartengono alla bambina scomparsa il 10 giugno 2023, e a un “ignoto 1“ che non sia la mamma, il papà o i due zii, gli inquirenti potrebbero decidere di compararlo con il Dna (una volta estratto dai campioni salivari) di tutti gli ex occupanti dell’hotel di via Maragliano. È quanto emerge a margine dell’affidamento ufficiale dell’incarico da parte dei pm titolari dell’inchiesta, Christine Von Borries e Giuseppe Ledda.
Nei sessanta giorni di tempo concessi, il consulente della procura analizzerà i due elementi e l’orsacchiotto di pezza che sarebbe appartenuto a Kata e che è stato rinvenuto in una stanza ai ’piani bassi’ dello stabile. Ma con la ricerca di dna della piccola (sotto forma di “epitelio, sangue o altri liquidi biologici”) in un secchio o su uno straccio, si prende implicitamente in considerazione l’ipotesi più nefasta, e cioè che quegli oggetti contengano sangue o sostanza organica della bambina. Dunque che sia stata vittima di una forma di violenza. Nei tre oggetti sequestrati a suo tempo dai carabinieri, il consulente dovrà anche ricercare eventuali tracce dei due indagati, gli zii Abel Argenis Vasquez, fratello della mamma di Kata, Katherine, e Marlon Edgar Chicclo, fratello minore di papà Miguel, o degli stessi genitori.
A più di un anno dall’avvio dell’indagine, c’è attesa per l’esito di questo sviluppo investigativo. Le telecamere non hanno consegnato immagini utili agli investigatori, tanto che l’ipotesi ormai assodata è che chi ha portato fuori Kata dall’Astor (probabilmente in un borsone o in un trolley) ha utilizzato il percorso che passa da via Monteverdi, l’unica strada “scoperta“ dalle telecamera.