Firenze, 9 agosto 2023 – Sarebbe Carlos Martin De La Colina Palomino, detto comunemente Carlos, il "leader della spedizione" di domenica 28 maggio, culminata con il cittadino ecuadoregno che si getta dal terzo piano dell’Astor per paura di "essere ammazzato" da chi non lo voleva più nell’edificio. È quanto si legge negli atti della squadra mobile di Firenze che raccolgono le prime testimonianze a caldo – dei soggetti coinvolti, ma anche di chi ha assistito alla scena – subito dopo la caduta dell’ex occupante ecuadoregno. Appena dieci giorni prima della sparizione della piccola Kata: le due indagini – secondo la procura – sono legate a doppio filo.
Negli atti emerge anche una ricostruzione dettagliata dello sgombero del 17 giugno, previa identificazione degli ex occupanti, nel quale si evince la tortuosità dell’architettura interna dell’edificio, e la reale disposizione delle comunità su tutto lo stabile.
Oggi invece i quattro peruviani – tra cui Carlos e Abel, lo zio della piccola Kata – arrestati sabato con l’accusa di estorsione, lesioni gravi e tentato omicidio, risponderanno, insieme al loro avvocato Elisa Baldocci, alle domande del gip Antonio Pezzuti, che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare. L’interrogatorio si terrà alle 9.30 nel carcere di Sollicciano in collegamento audiovideo col tribunale di Firenze dove il giudice Pezzuti sarà affiancato da interpreti di lingua spagnola. L’accusa si basa su quanto raccolto in questi due mesi (circa) dalla sparizione della bambina peruviana. Anche se per il momento manca la chiave di volta per risolvere il giallo della bimba. Dubbi e punti grigi a cui oggi il gip proverà a fornire delle risposte, facendo fede anche alla molteplici testimonianze raccolte.
Negli atti si legge infatti quello che sarebbe il modus operandi dell’impresa criminale che controllava gli affitti: ogni famiglia doveva pagare per entrare o rimanere nelle stanze, altrimenti venivano cacciate fuori, con le buone o con le cattive.
Secondo le indagini, inoltre, nel mirino di Carlos, Abel e del loro braccio armato (nel quale viene collocato anche il padre di Kata), erano finite due famiglie di peruviani, considerate come la fazione nemica. Famiglie che sono state al centro dell’escalation di domenica 28 maggio. Prima dell’ecuadoregno, infatti, un altro ex occupante peruviano era stato afferrato per le braccia e bloccato al collo con l’avambraccio “da Dominique” per poi essere trascinato di peso fuori dalla propria camere. Nell’occhio del ciclone sarebbe finita anche la stessa famiglia di Carlos, che avrebbe mandato via dallo stabile (dopo minacce e violenze) l’ex moglie e la figlia (che però dice di aver "chiarito" con il padre) solo per poter riaffittare la stanza e guadarci.