di Stefano Brogioni
FIRENZE
Le immagini delle operazioni dei cacciatori di Calabria dentro l’ex hotel Astor sono state visionate dal pool legale della famiglia di Kata. L’avvocato Elisabetta Vinattieri e la criminologa Stefania Sartorini hanno accompagnato Katherine, la mamma della piccola scomparsa il 10 giugno dell’anno scorso presso i carabinieri di Borgo Ognissanti. La visione, autorizzata dalla procura, “sostituirà“ il sopralluogo, chiesto sempre dalla famiglia, nell’immobile al centro del rebus e che il prossimo febbraio andrà all’asta.
La sensazione, dice la criminologa Sartorini commentando il “film“ a cui ha assistito, è "che non cercassero soltanto Kataleya, ma anche soldi e droga".
Nelle riprese che hanno documentato l’attività dei “cacciatori“ nell’albergo occupato, si vede infatti, secondo quanto riferitoci dalla criminologa, come il reparto speciale dei carabinieri si sia concentrato anche su piccoli anfratti, non consoni al nascondiglio di un corpo, anche se minuto come quello della piccina, che oggi avrebbe più di sei anni, della quale non si hanno più notizie da quasi un anno e mezzo.
Ma la ricerca di “altro“ dentro l’Astor ha tuttavia una sua logica, nel dedalo delle piste investigative che continuano a essere seguite in un’indagine che si sta rivelando particolarmente complicata.
Ma la procura continua a battere su queste ipotesi. Compresa quella che Kata sia rimasta suo malgrado coinvolta in un vendetta tra clan legata al traffico di droga. Una pista che trae origine dal coinvolgimento in una storia di una partita di marijuana “persa“ proprio di un’occupante dell’ex hotel di via Maragliano, pure lei peruviana e madre di una bimba della stessa età di Kata e pure molto somigliante a lei.
Ma i pm Christine Von Borries e Giuseppe Ledda (che ieri ha incontrato la madre e il suo pool), con il coordinamento del capo dell’ufficio, Filippo Spiezia, continuano a battere anche su possibili legami tra la scomparsa di Kata e il cosiddetto “racket delle stanze“, per cui inizierà il processo l’anno prossimo, lo zio materno di Kata, Abel, è tra gli imputati). Resiste anche la “pista rumena“ ispirata dal fatto che la bimba è sparita dopo aver raggiunto il piano terra dell’edificio, dove gli occupanti erano in gran parte di questa nazionalità. E, tra le tanti voci e l’omertà che contraddistingue la realtà di via Maragliano, resiste anche l’ipotesi che Kata sia stata l’obiettivo di una rappresaglia “interna“ dopo che una ragazzina sarebbe stata abusato da un adulto appartenente alla vasta famiglia peruviana.