
Sopra, i “cacciatori di Calabria“ durante la perlustrazione dell’ex hotel Astor: nessuna traccia della bimba. Sotto, l’immagine di com’era Kata e di come sarebbe oggi, secondo una nostra ricostruzione effettuata con l’intelligenza artificiale
Firenze, 15 aprile 2025 – Il settimo compleanno di Kata, il secondo lontano dalla sua famiglia. Se tutto questo non fosse successo, domani Kataleya Mia Alvarez Chicllo, per tutti affettuosamente Kata, nata il 16 aprile del 2018 in Perù, soffierebbe sopra una torta con sette candeline. Invece manca dal 10 giugno del 2023, un giorno quasi estivo in cui indossava dei fuseaux rosa e una t-shirt chiara.

A quasi due anni dalla sua scomparsa, i cui contorni sono ancora avvolti nel mistero, abbiamo chiesto all’intelligenza artificiale di aiutarci a disegnare il volto della bambina, così come potrebbe essere cambiata in questi mesi. Una bambina appena più matura di quella immagine di lei, sorridente e con le treccine, che è diventa anche icona di questo rompicapo che, ogni giorno che passa, rende sempre più flebili le speranze di un lieto fine. Ma dai tratti inconfondibili.
Purtroppo, ad alimentare le ombre sul caso, addentellato all’occupazione dell’ex hotel Astor di via Maragliano, c’è anche la circostanza che, da quel giorno di giugno in cui la mamma Katherine denunciò l’assenza di sua figlia, non c’è mai stato un serio avvistamento, una concreta segnalazione. Tante telefonate nell’immediatezza dell’evento. Perfino un’agghiacciante quanto infondata telefonata di rivendicazione giunta niente meno che da un numero colombiano tramite il quale alcune persone che si definivano ’guerriglieri’ chiedevano soldi alla famiglia, prima di sparire. Sciacalli, al massimo. O soltanto persone senza cuore.
Stefania Sartorini è la criminologa che affianca la mamma della bimba in questi mesi convulsi. “È il tuo secondo compleanno lontano da casa, senza la tua famiglia , senza abbracci e senza candeline da spegnere – scrive la consulente rivolgendosi direttamente a lei – Ma tu non sei sola, piccola. Io ti penso ogni giorno, come tanti altri che non ti hanno mai dimenticata. Lavoro sul tuo caso da mesi, con la dedizione e la cura che ogni bambina merita. Non so dove ti trovi oggi, ma il mio impegno e quello di tanti altri non si fermerà finché non tornerai dove devi essere: tra le braccia di chi ti ama. Il tuo nome è diventato un simbolo. Di speranza, di giustizia, di lotta per la verità. E oggi, nel giorno in cui dovresti festeggiare la vita, siamo noi a fare un voto: non smetteremo di cercarti, non smetteremo di parlarti, non smetteremo di credere in te. Ovunque tu sia, ti stiamo aspettando”.
Le indagini. Recentemente, la procura ha chiesto di andare avanti con le indagini. Formalmente sono indagati i due zii della bambina, Abel Argenis Vasquez, fratello della madre, e Marlon Chicllo, fratello minore del padre, Miguel Angel, che nel giorno in cui è scomparsa sua figlia si trovava ristretto nel carcere di Sollicciano.
Erano i due zii ad occuparsi della bambina mentre la madre era fuori dall’Astor perché a lavoro. Ma nonostante un anno e mezzo di indagini, a carico dei due indagati la procura ha formalizzato poco.
E anche le attività scientifiche svolte sinora, di cui gli avvocati Elisa Baldocci e Tommaso Melani hanno avuto conoscenza, non hanno corroborato elementi a carico dei due indagati.
Anzi: l’assenza di dna, cercato prima in alcuni borsoni e valigie che avrebbero potuto essere usati per portare la bambina fuori dall’hotel occupato attraverso il cancello di via Boccherini, e poi nelle stanze frequentate dalla bimba e su alcuni reperti (uno straccio e un secchio), rende la ricostruzione dell’ultima localizzazione di Kata dentro l’immobile perfino più nebulosa. Non si sa come sia uscita da lì dentro, visto che le telecamere puntate sugli ingressi non la inquadrano. Chi l’ha presa, quindi, è uscito da dietro, su via Monteverdi, dove non ci sono impianti. Un caso o una mossa studiata?
Ventidue mesi dopo, la procura brancola ancora nel buio. A un certo punto, le indagini sono state addirittura riavvolte sin dall’inizio, probabilmente per tentare di colmare un gap iniziale forse non più recuperabile. Perché tra l’ultima traccia tangibile di Kata (il filmato di una telecamera che la ritrae alle 15.12 mentre scende le scale esterne dell’edificio) e la formalizzazione della denuncia, sono passate più di cinque ore. Ancora di più, rispetto al primo sopralluogo dei carabinieri nell’hotel occupato che, sette giorni dopo, verrà sgomberato.
E’ stata seguita la pista del rapimento, della vendetta verso la famiglia invischiata nel presunto racket delle stanze (per cui è in corso un processo con imputato lo zio Abel), dello scambio di bambina. Sono stati fatti interrogatori fino in Perù. Ma forse, la verità di Kata è custodita dentro l’Astor, l’albergo che presto, dopo la sua vendita all’asta, potrebbe tornare a nuova vita.