STEFANO BROGIONI
Cronaca

Kata svanita nel nulla da un mese Tante piste, ma nessuna traccia

La madre della bimba scomparsa lancia un appello alla premier Meloni: "Sento che è viva, mi aiuti". Le indagini si concentrano sui 70 occupanti dell’ex hotel. Ieri sera un corteo per ricordare la piccola.

Kata svanita nel nulla da un mese Tante piste, ma nessuna traccia

di Stefano Brogioni

I genitori di Kata in testa, una parte della comunità peruviana fiorentina alle loro spalle. Una città che guarda, attenta ma un po’ distante. "Io percepisco che è ancora viva. Però ci sentiamo abbandonati, avvertiamo l’indifferenza dell’Italia. Ho l’impressione che non si stia facendo abbastanza per ritrovarla e che nei primi giorni si sia perso tempo prezioso a cercarla inutilmente nell’hotel", dice mamma Katherine prima che le fiaccole dell’associazione Penelope si accendano di speranza. Assieme al papà di Kata, ha rivolto un appello alla premier Meloni, affinché "si prenda a cuore il nostro caso. Ci rivolgiamo anche al sindaco, fateci sentire la vostra vicinanza".

"Non posso che ribadire che il Comune resta vicino alla famiglia e continua a collaborare con l’autorità giudiziaria e le forze dell’ordine come abbiamo sempre fatto fin dal primo giorno", risponde a distanza il sindaco Dario Nardella.

Partenza. Alle 21 del trentesimo giorno senza Kata, in una Firenze soffocata dall’afa, si muove l’ennesimo corteo. I partecipanti urlano slogan già sentiti, perché non è la prima volta che manifestano, intorno all’hotel, l’Astor di via Maragliano, dove, il 10 giugno scorso, è cominciato tutto. Un mese esatto è trascorso senza la piccola Mia Kataleya, cinque anni, scricciolo che alle 15.01 di un sabato quasi estivo viene inquadrata da una telecamera mentre rientra senza il fratello e gli amichetti nell’edificio da cui, trenta giorni dopo, non si sa ancora con esattezza come sia uscita.

Un’ispezione dei carabinieri dotati delle più moderne tecnologie ha escluso che fosse lì dentro, in qualche anfratto o nelle fognature. Di più: di Kata, non sono spuntate impronte o tracce di dna neanche dentro le stanze che non fossero quelle della madre o dello zio Abel Alvarez, custode della bimba (il padre Miguel Angel Romero era ancora in carcere) nel giorno della scomparsa.

È un rompicapo che gli uomini del Ros di Roma, affiancati dai carabinieri del comando provinciale, cercano di risolvere con la tecnologia. Interrogando cioè oltre 1.500 telecamere intelligenti della città. Si cerca la via di fuga, ma non solo: anche l’avvicinamento all’Astor di personaggi sospetti. Nonché sacchi, zaini, valigie, borsoni: qualsiasi cosa che avrebbe potuto contenere una bimba di una quindicina di chili. Ma finora le risposte sono poche. Un po’ come le parole spesso evasive, talvolta contrastanti, frutto di un serrato esame di una settantina di occupanti convocati dai pm che dicono e non dicono. L’Astor era un ambiente vulcanico, dove si faceva la guerra per un posto letto da pagare ai signori del racket.

La forchetta temporale sotto esame, di quel sabato di trenta e uno giorni fa, si sta ampliando, anziché restringersi. Mentre nella fase 1 dell’indagine gli investigatori si erano concentrati sui movimenti dentro e fuori l’hotel occupato tra le 15.13 (l’ora in cui la telecamera di un negozio di via Boccherini riprende Kata che scende da sola le scale esterne dell’edificio, diretta al cortile) e le 15.45 (il rientro della mamma dal lavoro), adesso si prende in considerazione almeno un’ora in più. È alle 16.45, infatti, che la madre comincia a cercare sua figlia. Avrebbe aspettato, ha riferito nei tanti confronti con il pool investigativo coordinato da Luca Tescaroli, perché pensavano, lei e suo fratello Abel, che Kata fosse andata a giocare al campo di calcetto della vicina chiesa con gli altri ragazzini. Invece è stata inghiottita dal buio, proprio quando è rimasta sola dentro una casa-comune, oggi sgomberata e sotto sequestro, che sembra nascondere la verità.