Firenze, 17 ottobre 2023 – E’ la sera del dieci giugno. Kata è da poco sparita, l’Astor è in subbuglio e Manuel Medina, l’ecuadoregno che una una dozzina di giorni prima si era buttato dalla finestra al culmine della “faida“ interna all’hotel occupato per la compravendita delle stanze, registra e pubblica un video.
"Ora ho saputo che si è persa una bambina", dice, in un buon italiano, l’occupante dell’Astor dalla sua stanza dentro il tumultuoso edificio di via Maragliano, con il volto ancora segnato da ciò che è accaduto la notte del 28 maggio. "La stanno cercando qui in albergo, però nessuno mi sembra che abbia chiamato la polizia. Stanno andando stanza per stanza ’loro’, Carlos e tutta la gente laggiù, anche i rumeni. Questo lo lascio come una prova".
Prova di cosa? La “pista“ del racket delle stanze come contesto in cui sarebbe maturata la vendetta nei confronti della famiglia della piccola Kata, è quindi un’ipotesi che circola dentro l’Astor ancora prima che si apra ufficialmente un’indagine in questo senso. E Medina pare volersi scagionare dall’essere sospettato di aver covato una ritorsione per quello che aveva subito.
In quel momento - sono le 21.20 - nell’albergo non dovrebbe esserci la mamma di Kata, uscita per sporgere una denuncia che verrà formalizzata in quelle ore ai carabinieri della stazione di Santa Maria Novella - e Carlos, il “dueno“ (proprietario) dell’Astor, cioè il referente dei peruviani, stando a quanto dice nel video Medina sembra “guidare“ le ricerche interne.
Ricerche che com’è noto non hanno prodotto alcun esito neanche quando, dopo l’allontanamento degli occupanti, i carabinieri sono entrati dentro anche con le unità speciali. Tuttavia, anche se in ritardo rispetto alla prospettiva di qualche settimana fa, resta in piedi l’ipotesi che gli inquirenti compiano un nuovo accesso nell’ex hotel, sempre con nuclei speciali, per perlustrare ancora più a fondo la struttura.
Da diversi giorni, ormai, chi vive nei pressi dell’Astor sta notando i carabinieri che scortano dentro ex occupanti che recuperano le proprie cose che erano rimaste dentro. Potrebbe essere il preludio del nuovo accesso, che potrebbe diventare un atto irripetibile. Se così fosse, gli indagati dovrebbero essere formalmente avvisati. Al momento, per il sequestro della bambina, sono indagati i due zii, quello materno Abel Argenis e quello paterno Marlon Chicllo. Sembrano destinate all’archiviazione, invece, le posizioni dei proprietari delle valigie viste uscire dall’Astor il 10 giugno, dove è stato cercato, con esito negativo, il dna della bimba.