Il fotografo tedesco Robin Hinsch punta il suo obiettivo sulla devastazione di un teatro di guerra in cui sono rimaste solo macerie, con il rigore di chi ha scelto da che parte stare – dalla parte dei vinti – e la discrezione di chi non ha verità da rivelare, ma sa mettersi in una posizione di ascolto.
Nasce così ’Kowitsch’, la mostra inaugurata ieri alla galleria Rifugio Digitale, all’interno del ciclo espositivo dedicato alla fotografia contemporanea ’Homecoming’, ideato da Irene Alison e curato da Irene Alison e Paolo Cagnacci. Negli scatti di Hinsch, parte di una lunga indagine sui conflitti ucraini cominciata nel 2010, la guerra ha il volto di un soldato sfinito su una panchina, ha i contorni di un paesaggio spettrale avvolto nella neve, ha la sagoma irregolare di una cattedrale sventrata dalle bombe. ll viaggio attorno all’idea di casa intrapreso con ’Homecoming’ si trasforma così in una riflessione amara sull’assenza di una casa a cui tornare: distrutte, colpite, abbandonate, le case di Kowitsch sono abitate solo dai fantasmi. Eppure, gli affreschi che Hinsch crea hanno una bellezza ipnotica e vitale che va oltre il disastro, e una capacità di restituirci, nel silenzio quasi surreale che li avvolge, tutta l’insensatezza della guerra e la speranza di un futuro che attecchisce persino quando ’casa’ è solo cumulo di polvere.