di Francesco Ingardia
Ci sono storie che meritano di essere raccontate. Anzi, che devono essere raccontate. Anche quando affondano le radici su un terreno di disperazione dovuto alla scomparsa di una famiglia. Di un padre, una madre e un fratellino di cui tra vent’anni o trenta rimarranno solo ricordi via via sbiaditi. Ma verrà il giorno in cui alla piccola di sei anni miracolosamente sopravvissuta alla tragedia di via San Felice a Ema verrà spiegato quanto il cognome che porta, Racheli, sia legato a triplo filo al Meyer.
In quell’ospedale ha lottato tra la vita e la morte con la stoffa di una gladiatrice. In quell’ospedale ha ricevuto cure degne delle miglior equipe pediatrica d’Italia e del mondo. In quell’ospedale, giace a pochi passi dal blocco operatorio una stanzetta tirata a lucido messa in funzione dallo scorso 1 ottobre. Prima, per anni, una sorta di magazzino che ospitava tutta una serie di apparecchiature non di uso quotidiano, circondate da armadi. Poi, la Fondazione si aziona, mossa con fondi propri e da una serie di donazioni di membri benefattori che hanno a cuore le sorti e lo sviluppo di un ospedale all’avanguardia per le cure offerte ai bambini più fragili.
Son serviti circa 300mila euro per trasformare quel magazzino in una recovery room perfettamente funzionante e operativa, a ristrutturazione completata. Una sorta di anticamera di mezzo, sub intensiva, tra le sale di reparto e quanto avviene nel blocco operatorio, utile ad accogliere per un lasso di tempo determinato baby-pazienti successivamente all’intervento chirurgico, nei momenti delicati del risveglio post anestesia. Cinque posti letto, muniti di ossigeno, monitor, ventilatori. Strumentazioni, insomma, per ogni evenienza. Non solo, la stanza ha una polifunzione notevole: consentire una gestione più rapida e efficiente dei tempi per spostamenti vari all’interno degli spazi attorno al blocco operatorio.
Il punto è un altro, però. Un punto difficile da spiegare per quanto potente. Simbolicamente, emotivamente, comunicativamente. Una buona parte dei 300mila euro necessari alla ristrutturazione del magazzino convertito in recovery room è arrivata attraverso un atto di donazione effettuato nell’estate 2023 dalla famiglia Racheli, in quanto membri donatori della Fondazione. Proprio così.
Lo stesso Matteo Racheli, padre della bambina adesso non più in pericolo di vita dopo le diverse sedute di ossigenoterapia in camera iperbarica, ha presenziato all’inaugurazione lo scorso 1 ottobre, dopo una visita poco prima che partissero i lavori per la conversione del magazzino, quest’estate.
"Dopo aver visto di persona il magazzino, si era ancor più convinto di voler fare la donazione. A conferma di un attenzione enorme nei confronti dell’ospedale Meyer", ha raccontato il direttore generale Paolo Morello, davanti ai cronisti e al governatore Eugenio Giani, in visita ieri all’ospedale pediatrico per la presentazione del robot chirurgico di ultima generazione Da Vinci Xi. Tutti increduli, con un brivido lungo la schiena.
Nella tragedia di una serie di morti assurde, ci sono storie che, di nuovo, devono essere raccontate perché meritano. Soprattutto quando assumono i contorni di una chiusura del cerchio.