BARBARA BERTI
Cronaca

La chiusura del consolato Usa. Tagli in arrivo dopo l’estate. Subito mille firme contro l’addio

Il piano varato dal segretario di Stato dal 1° luglio: prima a Washington, dopo Oltreoceano. Pronta la petizione: "Manteniamo le funzioni rendendo più economica la gestione del Palazzo".

Il piano varato dal segretario di Stato dal 1° luglio: prima a Washington, dopo Oltreoceano. Pronta la petizione: "Manteniamo le funzioni rendendo più economica la gestione del Palazzo".

Il piano varato dal segretario di Stato dal 1° luglio: prima a Washington, dopo Oltreoceano. Pronta la petizione: "Manteniamo le funzioni rendendo più economica la gestione del Palazzo".

di Francesco Ingardia e Barbara Berti

Il primo scossone è arrivato. Palazzo Calcagnini sul lungarno Vespucci trema. Perché la storia lunga secoli di storia e diplomazia bilaterale, è destinata ad essere riscritta dopo il varo post Pasquetta del segretario di Stato Marco Rubio, senatore della Florida e trumpiano fino al midollo. Il ministro degli Esteri a stelle e strisce ha reso pubblico il piano di riorganizzazione del dipartimento di Stato, nel cui ombrello rientra anche il consolato generale di Firenze. Una mossa unidirezionale per allineare la diplomazia Usa all’agenda dell’America first di Trump e tagliare 132 bureau su 734. D’altronde "nella sua forma attuale – ha detto Rubio –, il Dipartimento è gonfio, burocratico e incapace di svolgere la sua missione diplomatica". Ovvero quella di anteporre a priori "gli interessi nazionali fondamentali dell’America". Oltre al briefing, la Casa Bianca ha diffuso il nuovo organigramma del Dipartimento di Stato. A partire dal 1 luglio 2025 la suddivisione delle unità per Regioni subiranno accorpamenti, tra cui l’europea con l’euroasiatica, coordinate dal sottosegretario con delega alle Political Affairs. Secondo il New York Times "l’annuncio di martedì è solo il primo step della ristrutturazione del Dipartimento. Che si concentra sulle operazioni a Washington, ma i tagli influenzeranno il lavoro di ambasciate e consolati oltreoceano". Così, è atteso un secondo atto: "La chiusura – per il Nyt – di missioni diplomatiche e licenziamenti sono attesi in un secondo momento", sulla base anche di fonti interne e un filotto di memo e bozze trapelate nelle scorse settimane. Tutti documenti che, all’unisono, sanciscono la chiusura della sede consolare a Firenze.

Nero su bianco, manca solo la comunicazione ufficiale, tanto che fonti interne al Consolato ancora fanno sapere che "non è stata presa ancora nessuna decisione perché dai canali ufficiali" non è pervenuto alcun "aggiornamento definitivo". E visto che ancora tutto è possibile, gli americani che vivono in città stanno provando a far cambiare idea al presidente degli Stati Uniti con una petizione che proprio ieri è stata inoltrata a Rubio. A organizzare la raccolta firme ’Salviamo il Consolato’ è stata la fiorentina d’adozione Ann Elizabeth Pollak, ex funzionaria di banca e libera professionista nonché socia di Ailo, American International League of Florence Onlus, che da 35 anni vive in Italia. "È giusto riorganizzare il servizio in un’ottica di spending review ma la funzione di consolato deve rimanere" dice convinta Pollak che a gennaio scorso è volata Oltreoceano per assistere all’insediamento del presidente degli Stati Uniti.

"I servizi consolari potrebbero essere mantenuti trasferendo il personale in una sede diversa, affittando o vendendo Palazzo Calcagnini che è di proprietà del governo statunitense" sostiene Pollak che ricorda come le dimensioni dell’edificio siano sproporzionate rispetto al ridotto personale consolare. "Ci sono 18 dipendenti e in totale lì ci lavorano 25, al massimo 30, persone" aggiunge l’americana-fiorentina. "Ma la funzione è fondamentale", precisa. "Il consolato oggi serve migliaia di cittadini statunitensi residenti in Toscana, Emilia Romagna e nella Repubblica di San Marino, per non parlare delle centinaia di studenti americani che ogni anno si trovano a Firenze iscritti a oltre 30 programmi presso università toscane, statunitensi e internazionali" dice ancora Pollak che, con la sua petizione, in pochi gironi, ha coinvolto oltre mille persone. "E alcune non hanno voluto sottoscrivere il documento non perché vogliono la soppressione dell’ambasciata bensì perché ritengono fondamentale mantenere il Consolato proprio in quella sede divenuta ormai storica visto che è dal 1949 che ospita la diplomazia Usa" conclude.