TERESA SCARCELLA
Cronaca

La conquista del mare. Primo bagno per Chiara: la sindrome di Ondine le aveva impedito i tuffi

Un sistema di ventilazione non invasivo ha donato l’autonomia all’adolescente. Il primato dell’ospedale Meyer di Firenze, unico in Italia per questa patologia. La gioia della mamma: queste per noi saranno vacanze indimenticabili.

La conquista del mare. Primo bagno per Chiara: la sindrome di Ondine le aveva impedito i tuffi

Chiara, 14enne con la sindrome di Ondine, mentre fa un bagno in mare

Pensate a quella voglia irrefrenabile di immergervi in mare ogni volta che siete nelle vicinanze. L’acqua che accarezza il viso, i capelli, che alleggerisce il corpo e l’anima, che vi coccola. Pensate ai tuffi fatti da ragazzi con gli amici, dalla scogliera o dalle spalle dei vostri genitori, così tanti da uscirne stanchi e con la pelle delle mani raggrinzita. Ora immaginate di doverci rinunciare, di dover rimanere sempre con i piedi ben piantati per terra sulla sabbia, per evitare di mettere a repentaglio la vostra vita, perché l’acqua è involontariamente nemica. Immaginate di essere adolescenti e di poter solo desiderare questo senso di libertà. Difficile immaginarlo per chi lo ha sempre fatto, per chi lo percepisce giustamente come un gesto banale.

Eppure non lo è stato per la giovanissima Chiara che quest’estate, per la prima volta in 14 anni, ha fatto il suo primo tuffo in mare, scoprendo quelle sensazioni e molte altre. A impedirglielo, fino a quel momento, è stata la sindrome di Ondine. Una patologia che, dietro a un nome dalla provenienza mitologica (deriva da una leggenda tedesca) nasconde un grave difetto dei meccanismi automatici di controllo della respirazione e che, nella maggior parte dei casi, comporta gravi apnee in grado di mettere a rischio la vita.

Il termine medico, freddo, è "sindrome da ipoventilazione centrale congenita (Cchs)". Secondo le stime colpisce un bambino ogni 200mila nati e da 11 anni l’ospedale Meyer di Firenze ha un Centro di expertise per fornire un adeguato sostegno medico e scientifico. Prima struttura italiana dedicata a questa malattia, fa parte di un network che comprende i principali ospedali pediatrici europei e attualmente segue 18 pazienti.

Tra questi c’è proprio Chiara. La 14enne che, dopo anni in cura dal centro disturbi respiratori nel sonno dell’Azienda ospedaliera universitaria Meyer Irccs, è riuscita a godersi la sua prima estate all’insegna della normalità. A raccontare la sua storia è l’ospedale pediatrico fiorentino. "Chiara ha una sindrome molto rara e complessa - spiega Niccolò Nassi, a capo dell’equipe - caratterizzata dalla perdita del controllo del respiro durante la notte che ne mette a repentaglio la vita quando si addormenta. Per mettere in sicurezza i bambini che ne sono affetti, in molti casi, si procede con la tracheotomia, ovvero l’impianto di un tubo in trachea attaccato al ventilatore".

Fin da piccola Chiara ha convissuto con questo tubo, che la aiutava a respirare ma non le consentiva gesti semplici come quello di tuffarsi in acqua. Da un anno e mezzo i medici hanno deciso di passare all’utilizzo di un sistema di ventilazione non invasivo, come una semplice maschera da utilizzare durante il sonno. Così le è stata tolta prima la cannula e poi gli è stata richiusa la trachea. "Abbiamo festeggiato con un viaggio in Grecia e poi in Sicilia, per fare dei bagni indimenticabili - racconta la mamma, Anna Maria De Micco, che è anche vicepresidente dell’Aisicc, l’associazione che raccoglie i pazienti e le famiglie affetti da questa patologia -. Siamo molto felici di questo traguardo e grati ai medici. Quello che dobbiamo cercare di garantire ai nostri figli è una straordinaria normalità. Non dobbiamo fermarci davanti alla paura, ci vuole una dose di leggerezza".