
Ferenc Molnar, nome magiarizzato di Ferenc Neumann, scrittore e giornalista ungherese
Il fatto che sto per raccontare, avvenne molti anni fa. Ne fu protagonista uno dei più noti cantanti del Teatro dell’Opera di Budapest. Chiamiamolo C... in considerazione soprattutto della circostanza che il suo cognome non incominciava affatto con quella lettera. Non vorrei che certuni provassero una satanica gioia: si sa, l’invidia vive oltre la tomba e la soddisfazione postuma assume talora delle sfumature singolari. II C. era molto ricco: possedeva, oltre la voce, unha proprietà stupenda che gli fruttava quanto mille ettari di terreno e trecento mucche. Lo zio, a sun volta, era dotato di un cuore d’oro che, alla vigilia di Natale, aveva bisogno di liquefarsi per l’appunto alla vigilia di Natale e il fortunato nipote riceveva dallo zio generoso un regala principesco.... Nell’anno in cui avvenne la storia che i lettori stanno per apprendere, l’artista ebbe un dono eccezionale: una stupenda carrozza chiusa e una coppia di cavalli purosangue. Fece subito sfoggio del superbo veicolo e della focosa pariglia: prima di recarsi a teatro soeva farsi condurre lungo i viali del Parco Civico quindi a gran carrier fino al Teatro dall’Opera dove la folla poteva ammirare i meravigliosi destrieri, la carrozza luccicante o il giovanotto raggiante di felicità: tra la folla vi erano naturalmente non pochi colleghi del cantante, i quali, in cuor loro, mandavano un sacco d’accidenti a quel provocaore. E l’accidente avvenne. Il C. doveva cantare nella neve sostenendo la truce parte di Scarpia. Un’ora e mezzo prima dello spettacolo, l’artista volle fare la solita passeggiata in carrozza. Come questa giunse, in fondo al Parco scoppiò d’improvviso una bufera. Mi prendo un malanno pensò il cantante, è il meno che mi possa capitare è di fare un mezzo fiasco questa sera. Si sporse dal finestrino e al fido cocchiere disse: via di gran galoppo al Teatro dell’Opera: il cocchiere frustò cavalli che volarono via come il vento... Il cantante chiuse ben bene il finestrino, poi si rannicchiò in fondo alla comoda carrozza, cercando alla meglio di ripararsi dalla furia del vento. D’un tratto il fondo del veicolo si staccò a cadde sulla strada. Sicchè l’infelice artista, rimasto sì illeso, ma in una posizione terribile, dovette, rinchiuso com’era nella nicchia feroceente veloce, imprimere alle gambe una velocità pari a quella dei focosi destrieri. La disgrazia avvenne, per fortuna, all’imbocco della via Andrassy, in fondo alla quale si trova il Teatro dell’Opera; la via è molto lunga. Il C. disgraziato, pur continuando a correre all’impazzata, urlava, ma la voce era soffocata, oltre che dal fragore delle ruote e degli zoccoli equini, dal consueto fracasso della strada, in quell’ora animatissima; il cocchiere, d’altro canto, era preoccupato di fare una bella figura e, impettito il più possibile, badava che i cavalli non rallentassoro la corsa, proprio nel momento più critico. La gente ammirava la superba pariglia, il cocchiere e la carrozza sfavillante; poichè i finestrini erano ermeticamente chiusi e le tendine abbassate, qualcuno era indotto a pensare a chissà mai qual complicato abbraccio e si affrettava a raggiungere la porta del Teatro per vedere la faccia, ancor languida di voluttà, della coppia. Quando i cavalli si fermarono il cocchiere sceso da cassetta aprì lo sportello, l’infelice cantante ebbe ancor la forza di uscire: ma, fatti pochi passi, s’abbandonò tra le braccia di un poliziotto. Non ho affatto l’intenzione di trarre da questa storiella un qualsiasi insegnamento morale o etico che dir si voglia; mi limito solamente a far conoscere la ragione per cui credetti opportuno di trascrivere il tragicomico fatto; realmente avvenuto mio romanzo, presentato con Cuore trepidante circa una trentina d’anni da un grande editore di Budapest. Ognuno invidiava il felice e fortunato conte X. il quale, invece, fu costrettto a impegnarsi in una-gara con velocissimi destrieri. (L’editore trovò il libro molto interessante nel punto sopra riportato, fece la seguente nota in margine: un paragone inammissibile e di pessimo gusto. Poco tempo appresso lo stesso editore doveva persuadlersi del contrasto: fu precisamente lui che mi raccontò l’avventura pericolosa di Scarpia.