FIRENZE
La Btp (Baldassini Tognozzi Pontello) era arrivata ad essere la settima impresa italiana. In ogni grande appalto, a cavallo tra gli anni ’90 e il nuovo millennio, lei c’era. Grazie al fiuto e alla indiscusse capacità imprenditoriali di Riccardo Fusi, "self made man" partito da Prato, dove è nato nel 1959, e approdato alla conquista di Firenze. Sua una delle case più belle e ambite della città, niente meno che nella torre del Mannelli, sopra Ponte Vecchio. E come il Mannelli, che fece cambiare strada persino al corridoio vasariano, quando non si sentì più "padrone a casa sua", cominciarono però i guai. Siamo nel 2010, esplode l’inchiesta sulla "cricca" e tra i nomi altisonanti che costellavano quell’inchiesta dei Ros sui grandi appalti, c’è anche il suo.
La Btp, che da vero asso pigliatutto aveva partecipato a realizzare le opere strategiche di tutta la Penisola, innestò la retromarcia.
Le fortune di Fusi erano state anche quelle di Verdini, e viceversa. E quando il ventò cambiò, nell’occhio del ciclone finì anche la banca che, per l’amicizia tra i due protagonisti, aveva dato più credito alla Btp di quanto ne avesse capacità. Nel 2012, la bancà fallì. E anche lui è stato accusato di bancarotta. Nel corso dei tre gradi di giudizio i legali di Fusi hanno sempre contestato le accuse, negando che il costruttore avesse tratto vantaggi economici dal suo rapporto col Credito Cooperativo guidato da Denis Verdini, e precisando inoltre come la maggior parte dei finanziamenti fosse stata restituita.
Ma la girandola dei crac non si è ancora fermata per Fusi. E’ fallita la Btp, sono crollate altre imprese della galassia, edilizia, immobiliare, alberghiera. E i processi non sono ancora finiti.
ste.bro.