La deriva surreale del caso Franchi

Maxwel Ayrton e John William Simpson in Inghilterra sono considerati fra i più significativi architetti del Novecento. Ho cercato ovunque, ma non risulta che nipoti o cognati di costoro nel 2002 abbiano sollevato proteste o comitati quando si decise che il vecchio e glorioso stadio di Wembley, da loro progettato, dovesse essere abbattuto per far posto a una struttura più funzionale per il futuro. Per carità, Inghilterra e l’Italia hanno cultura e stili diversi, ma leggendo l’ennesima invettiva furiosa di Elisabetta Margiotta Nervi contro il restyling dello stadio progettato dal nonno del marito (ha parlato addirittura di "vergogna" e di "onta per Firenze") si ha come l’impressione che magari a Londra si sia stati irriguardosi verso il passato, ma che qui si stia esagerando nel senso opposto. Sì, oramai il dibattito intorno al Franchi sembra aver preso una deriva surreale. Come se la maggior parte di chi interviene lo facesse solo per il gusto di incendiare la fascina delle polemiche con argomenti anche onirici. Come accaduto alla signora Nervi, che i soldi del Pnrr non li vorrebbe non perché in contrasto con i dettami europei ma perché "il restyling è brutto"!!! Per carità, sulla bellezza o meno del nuovo progetto e, soprattutto, sulla gestione di tutta la vicenda, si può obiettare eccome, che pasticci ne sono stati fatti: uscite infelici, utopie presentate come ipotesi, progetti che non stavano in piedi. Ma in casi spinosi come questo, insegnava un altro inglese come Thomas Hobbes, "primum vivere, deinde philosophari". Prima l’interesse della città, poi il discuterne filosoficamente. E oggi, se il primo interesse di Firenze è avere uno stadio a misura del tempo, l’unica via percorribile (anche se acciottolata) è quella del progetto Arup . Fermarsi e buttare a mare tutto ricominciando a fare filosofia, vorrebbe dire rinunciare per almeno altri 15 anni a uno stadio decente. Vorrebbe dire condannarsi ad avere un edificio cadente che non assolve più alla funzione per la quale era stato realizzato. Ma non salire mai sul tram della modernità e inneggiare alla cultura del non fare, è spesso vezzo snobistico di chi comunque siede al calduccio del privilegio. Roba che in un Paese che vorrebbe dirsi europeo non è più né giustificabile né accettabile.