La Firenze dal Monte: "L’oggi senza speranza . Ma il futuro può essere occasione di rivincita"

Dall’attuale situazione economica e politica al messaggio lanciato da migliaia di persone alla fiaccolata dello scorso ottobre. Intervista all’abate Bernardo Gianni che chiede di "non creare ghetti".

La Firenze dal Monte: "L’oggi senza speranza . Ma il futuro può essere occasione di rivincita"

La Firenze dal Monte: "L’oggi senza speranza . Ma il futuro può essere occasione di rivincita"

di Antonio Passanese

FIRENZE

"Credo si debba tornare a una sorgente di classicità. Solo così potremo affrontare il nostro futuro. Si può essere nani, come siamo in questo periodo storico, ma si può anche salire sulle spalle dei giganti, come amavano dire gli umanisti. Poi ovviamente c’è anche un discorso di fede: mai disperazione, mai rassegnazione, mai disullusione. Siamo chiamati a uno sforzo di creatività amministrativa e sociale per una migliore ridistribuzione delle ricchezze sopratutto nei confronti dei nostri giovani".

Per i fiorentini, i cristiani (e non), per la politica (di destra e di sinistra) è un punto di riferimento. Carismatico, uomo di grande fede e di grande spiritualità, teologo sopraffino – tanto da esser chiamato in Vaticano, nel 2019, da Papa Francesco, per gli esercizi spirituali – padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato dal 2015, è colui a cui tutti si rivolgono. Per un consiglio, per fugare un dubbio (spirituale o terreno che sia), per cercare un po’ di luce o una parola di speranza, di incoraggiamento. Classe 1968, i suoi due “fari“ sono il sindaco santo Giorgio La Pira e il poeta Mario Luzi, che spesso cita nelle sue seguite e apprezzate omelie. A lui va anche il merito di aver preso posizioni forti, di rottura, contro la crescente speculazione di Firenze, e contro coloro che sempre più spesso badano più alla rendita che ai problemi reali degli ultimi.

Padre Bernardo, il 2024 sarà un anno importante per Firenze sotto molteplici aspetti: un nuovo sindaco e persino la storica partenza del Tour a due passi da San Miniato. Cosa si aspetta per la città sul Monte, secondo la definizione che Giorgio La Pira dava di Firenze?

"Ci si prepara a una stagione di giuste e doverose contrapposizioni. Non voglio e non posso scendere nello specifico ma mi auguro che non si perda di vista il rispetto reciproco. E soprattutto il giorno dopo le elezioni vorrei che tutte le parti abbiano la percezione che non si può fare opposizione giocando solo sulle emozioni, sui sentimenti, ma costruendo anche degli stimoli che abbiano al centro l’inclusione e la partecipazione".

Quindi il nuovo sindaco o la nuova sindaca quali priorità dovranno mettere al centro del loro mandato?

"Ci sono tante, troppe povertà in città, poche opportunità di lavoro, poche risorse, tante famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese. Ci si deve occupare di chi ha minori possibilità e di investire sul futuro. Quindi il nuovo sindaco dovrà avere una grande capacità di fare da pontefice tra un presente senza speranza e un futuro che sia un’occasione di rivincita per Firenze".

Qual è oggi, secondo lei, l’Umanesimo di Firenze?

"Sono quei ragazzi che, nonostante il caro affitti, non vanno via da questa città ma anzi continuano ad arrivare per dare il loro contributo affinché cresca lacompetenza, la ricerca e l’intreccio di saperi. L’Umanesimo è in chi amministra rinunciando alla tentazione dell’arricchirsi a spese degli altri in modo non corretto. Ma è anche una Chiesa che sta dalla parte dell’uomo, la possibilità accordata alle diverse religioni ed etnie di poter convivere senza la creazione di ghetti".

La crisi dei popoli sta nel pericolo tremendo di una nuova guerra: sono sempre parole di La Pira. Oggi di guerre tremende ne abbiamo almeno due. Cosa può fare ancora Firenze per favorire il dialogo?

"Inventare situazioni molto coraggiose, proprio come fece il sindaco santo: convegni, inviti, confronti, dialogo".

Padre Bernardo, dal Monte che Firenze vede e che Firenze vorrebbe vedere?

"Vedo una città chiamata a non disperdere quello che la sera del 23 ottobre ha saputo testimoniare al mondo, con una fiaccolata per la pace, ossia che la guerra abbrutisce la nostra condizione umana".

Quel 23 ottobre, giorno storico per Firenze, accogliendo le migliaia di persone sulla spianata della basilica lei ha parlato di "bellezza splendida e sempre vulnerabile della città". C’è un modo per far convivere le due condizioni?

"Siamo abituati a vivere la bellezza come una fonte di guadagno, e la rassicurazione che questa città si possa permettere anche di chiudere fabbriche, di ignorare vertenze difficili, perché ha comunque il turismo che le garantisce una rendita, è una visione profondamente parziale e fuorviante. Bisogna invece propiziare un senso di partecipazione e condivisione che metta in gioco queste due categorie, e cioè da un lato essere consci che tutto quello che abbiamo fatto non è scontato, non è mercificabile, dall’altro che ogni dono che abbiamo ricevuto dal passato è nelle nostre mani e deve diventare responsabilità per il futuro. Bisogna restituire alla cittadinanza un suo protagonismo simbolico".

Lei viene definito un abate “bipartisan“ perché riesce a mettere d’accordo destra e sinistra, musulmani ed ebrei. Ma è anche la voce degli ultimi. Come la vive questa cosa?

"In città ci sono tanti altri sacerdoti che più di me sono a contatto con situazioni di marginalità e sofferenza perché io resto un privilegiato che ha la grazia di vivere in un luogo di grandissima bellezza. Ed è proprio questa consapevolezza a rendermi desideroso di spalancare le porte di San Miniato alla cittadinanza. Quindi io credo che la mia vera risorsa sia questa: condividere la bellenzza di un luogo che restituisce a tutti uno spazio benedetto dall’amore di Dio"

In ultimo, come vede l’apertura di Papa Francesco verso le coppie gay? Autorizzarne la benedizione è una svolta epocale.

"Su questa cosa è stato molto chiaro il vescovo di Passau sull’Osservatore Romano: “A cambiare non è la dottrina della Chiesa sull’uomo ma cambia la sensibilità della Chiesa sulle benedizioni, ovvero sulla capacità di poter portare una parola di accompagnamento e di sostegno all’umanità che con gioie e dolori va verso la pienezza della verità e dell’amore“".