![Paola Alberti e l’orrenda fine di sua figlia: "Si è perso il rispetto per la vita. Serve un profondo cambiamento culturale, bisogna iniziare con i ragazzi delle scuole". . Paola Alberti e l’orrenda fine di sua figlia: "Si è perso il rispetto per la vita. Serve un profondo cambiamento culturale, bisogna iniziare con i ragazzi delle scuole". .](https://www.lanazione.it/image-service/view/acePublic/alias/contentid/MjEzZDBlMmQtMTNiYi00/0/la-mamma-di-michela-noli-ho-rivissuto-lo-stesso-dramma-gli-uomini-non-accettano-il-no.webp?f=16%3A9&q=1&w=1280)
Paola Alberti e l’orrenda fine di sua figlia: "Si è perso il rispetto per la vita. Serve un profondo cambiamento culturale, bisogna iniziare con i ragazzi delle scuole". .
"Un brivido lungo la schiena, una sorta di tremore e disperazione che torna tutte le volte e riapre una ferita che mai si chiuderà". Paola Alberti, la madre di Michela Noli, la 31enne uccisa con oltre quaranta coltellate dall’ex marito la sera del 15 maggio 2016, ieri mattina ha rivissuto lo stesso dramma scoprendo che una giovane mamma era stata uccisa per mano del compagno. "Nel caso di mia figlia era l’ultimo appuntamento, si erano già lasciati. A Rufina la coppia era sotto lo stesso tetto. Ma questo poco importa perché non possiamo sapere le dinamiche private di una famiglia. Una cosa, però, è certa: non c’è più rispetto per la vita" continua la donna che ha trasformato il suo dolore in una battaglia quotidiana perché "per combattere i femminicidi, oltre alle norme, occorre un cambiamento culturale".
Visti i dati crescenti delle vittime, "forse si parla ancora poco di questo argomento, forse viviamo in una società sempre più individualista e dilaniata dalle guerre. Forse le lotte delle donne della mia generazione non sono state sufficienti, sembra di essere tornati ai tempi del delitto d’onore" continua la mamma di Michela. "Non so cosa pensare, non riesco a capacitarmi di tutto questo male, di ciò che spinge la mente umana a rispondere con violenza efferata a un rifiuto" prosegue osservando, però, "che ormai è un bollettino di guerra, un epidemia che non si riesce a debellare dove non ci sono limiti d’età, di latitudine o altro".
Il doppio dramma di Rufina, l’omicidio e il tentato suicidio, l’hanno scossa molto. "La vittima aveva un’età vicina alla mia Michela, impossibile non pensarci. Anche il caso della giovane fiorentina a Oslo, Martina Voce, accoltellata dall’ex mi ha profondamente colpito. In quel caso la ragazza, fortunatamente, è sempre viva. Ma in entrambi i casi abbiamo giovani uomini incapaci di essere razionali davanti a un no, persone che non recepiscono come normale la fine di una relazione" continua la mamma di Michela, convinta sempre più che i ragazzi d’oggi abbiano bisogno di un supporto. "Da tempo, vado nelle scuole per parlare di ciò che è accaduto a Michela, per tenere alta l’attenzione e per confrontarmi con i ragazzi. E sempre più spesso i maschi per definire la fidanzata dicono ’lei è mia’. E le ragazze giustificano tali parole. ’È geloso perché mi vuole bene’ mi raccontano. Ma non è così, gli adolescenti – maschi e femmine – nascondono una profonda insicurezza. L’educazione in famiglia non basta: l’educazione affettiva va insegnata e la scuola può aiutare in questo. Perché oltre alle panchine rosse, proprio ieri a Pisa sono stata a inaugurane una, servono azioni concrete" conclude Alberti mandando un pensiero alle due famiglie di Rufina: "Entrambe saranno dilaniate dal dolore. Così come amici, parenti e vicini staranno soffrendo, si sentiranno in colpa per non aver fatto niente per evitare la tragedia. Perché il dolore vero, forte, perenne, arriva dopo e colpisce chi resta".