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"La ’ndrangheta? Lascia qui i suoi veleni" Nessuno ascoltò la commissione antimafia

Nel 2018, il consulente Scalia smaschera il business dei rifiuti. E il passaggio di mano: dopo i clan dei casalesi, arrivano le cosche calabresi

Spazzatura, ma non da poco. Dalla camorra dei Casalesi alla ‘ndrangheta, a uomini come Domenico Vitale, 52 anni, e Nicola Chiefari, 47, ritenuti ‘contigui’ alla cosca Gallace da Guardavalle (Catanzaro) comune di 4422 anime sciolto per infiltrazioni mafiose. Se prima i rifiuti tossici toscani venivano sversati in Campania, ora è la Toscana a essere avvelenata perché "gli affari con la monnezza si fanno con la mafia calabrese, non più con i casalesi messi all’angolo da magistrati e dichiarazioni dei pentiti, molte loro discariche sequestrate" spiega Renato Scalia, consulente della commissione parlamentare antimafia.

Lunga la storia del traffico di rifiuti speciali che riguarda la Toscana. Eppure solo ora molti tra amministratori e dirigenti coinvolti nell’inchiesta sono rimasti stupiti. Da anni fioccavano notizie circostanziate e allarmanti. Ma sottovalutate. A tutti i livelli.

14 novembre 2018: la Commissione d’inchiesta regionale su discariche sotto sequestro e al ciclo di rifiuti in Toscana voluta da Giacomo Giannarelli (M5S) ascolta stupita Scalia raccontare che "sin dagli anni ‘90 imprenditori toscani hanno stipulato un accordo con il clan dei casalesi per smaltire illecitamente i rifiuti" a prezzi concorrenziali. La camorra invece mette a disposizione i propri camion per portare via tonnellate di fanghi e altro a cifre più basse del previsto. Guadagno assicurato. Classifica in modo fraudolento i rifiuti pericolosi per modificarne lo smaltimento in certi impianti anziché in altri. Solizione finale: il rifiuto ‘pericoloso’ figura come ‘non pericoloso’.

Scalia ‘attinge’ a un atto d’eccezionale rilevanza: la memoria della Dda di Napoli (oltre 3200 pagine) per il processo a 31 casalesi (clan diretto da Antonio Bardellino fin dall’88), da Francesco Sandokan Schiavon, Francesco Bidognetti, Vincenzo De Falco (’88-’91) infine Francesco Schiavone. Il clan opera nel Casertano e pure in Toscana per – si legge nell’imputazione – "la gestione illegale (trasporto, stoccaggio, conferimento, smaltimento) di rifiuti, pericolosi e non, prodotti sull’intero territorio nazionale". La requisitoria tocca ampiamente il caso-Toscana. "A cominciare – sottolinea il teste durante l’audizione – dell’accordo di Viareggio fatto dai casalesi negli anni ‘90".

"Ho lasciato agli atti quel documento dove si parla di aziende toscane. Qualcuno l’avrà letto? Chi amministra da anni la Toscana ha fatto approfondimenti? Ma il vero pericolo non era questo, erano quelli che denunciavano questo malaffare. Persone da isolare, sbeffeggiare". Ma un breve excursus a ritroso indica altre denunce qualificate.

Maggio 2011: l’ex pm Raffaele Cantone, ad Arezzo, parla di mafia: "Sono arrivati negli anni ‘80 e si sono trovati bene, provincia tranquilla, ideale per operare nell’ombra. Effetto del soggiorno obbligato? No, io direi conseguenza dei lavori per la Direttissima Ferroviaria. E’ stata l’occasione in cui decine di piccole ditte, spesso infiltrate dalla camorra, si sono insediate in quella fascia di terra che sta a cavallo tra l’alta velocità e autostrada. Soprattutto con le imprese per il movimento terra. Gaetano Cerci, uno degli uomini di fiducia di Francesco Bidognetti, uno dei capi dei casalesi, fu fermato dalla polizia mentre usciva da Villa Wanda presumibilmente dopo un incontro con Gelli. Ne hanno parlato alcuni pentiti: Cerci era un punto di riferimento del traffico di rifiuti illeciti..."

6 novembre 2013. il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti dichiara: "Dopo aver smaltito al Sud per vent’anni i rifiuti tossici prodotti al Nord, ora la camorra sta portando i rifiuti campani altrove, in primis in Toscana, poi Romania e Cina. Il business si fonda inoltre su rapporti tra criminalità e massoneria".

giovanni spano