La nuova fisica può nascere a Firenze: "Passo avanti per capire l’universo"

Professore dell’università coordina un esperimento al Cern: "Osservato un fenomeno rarissimo"

La nuova fisica può nascere a Firenze: "Passo avanti per capire l’universo"

Giuseppe Ruggiero è docente di fisica all’università di Firenze. Coordina un esperimento al Cern che ha osservato un evento rarissimo in fisica: potrebbe aumentare la nostra conoscenza dell’universo

Potremmo essere più vicini a comprendere l’universo, grazie ad un professore associato dell’università di Firenze, Giuseppe Ruggiero, docente di fisica, allo stesso ateneo fiorentino e alla sezione cittadina dell’Istituto nazionale di fisica nucleare. Tutto nasce da un esperimento al Cern, NA62, di cui Ruggiero è coordinatore e ruota intorno all’osservazione di un fenomeno rarissimo (può accadere in un caso su dieci miliardi) che adesso, essendo misurabile, potrebbe aprire le porte ad una nuova fisica capace di spiegare, appunto, fenomeni che la teoria standard non riesce ancora a comprendere, come ad esempio la materia oscura. Un passo nel mondo microscopico che potrebbe aprire l’universo. Partendo da Firenze.

Professor Ruggiero, esattamente cosa è successo al Cern?

"Abbiamo osservato un processo di fisica subnucleare rarissimo, ovvero il decadimento di una particella, il mesone K carico, in un pione, un neutrino e un anti neutrino. Praticamente la trasformazione di un mesone in tre particelle diverse".

Perché è importante?

"Perché è il processo di fisica delle particelle più raro che sia mai stato osservato".

Quali conseguenze può avere? Può incidere anche sulle nostre vite?

"Andiamo per gradi. Oggi la teoria delle particelle riesce a prevedere ogni processo fisico, anche questo, con ottima precisione. Non spiega però molti fenomeni che avvengono in natura e nemmeno la materia oscura. Con il nostro esperimento al Cern cerchiamo delle deviazioni rispetto alla fisica delle particelle, ovvero di misurare la probabilità che questo decadimento avvenga".

Con quale scopo?

"Se dimostrassimo che la probabilità è diversa da quella indicata dalla teoria delle particelle, si potrebbe aprire la strada ad una nuova fisica che ipotizza appunto una frequenza diversa. In sostanza noi cerchiamo di misurare questo processo per fare un confronto con la teoria e capire se siamo più vicini alla vecchia fisica o alla nuova".

Con la nuova cosa cambierebbe?

"Potrebbero acquistare valore alcuni modelli soltanto teorici che spiegano tutti quei fenomeni cosmologici che invece non sono spiegati dalla teoria standard delle particelle. L’esperimento in sostanza può aiutare a indicare una strada per arrivare ad una teoria più completa che spieghi la natura che è intorno a noi. Penso ad esempio alla materia oscura, ai comportamenti delle galassie: c’è bisogno di una materia che non si vede per comprendere tutta la natura dell’universo. Non solo, ad oggi non si capisce perché nell’universo la materia è largamente preponderante rispetto all’antimateria".

Ci possono essere ricadute immediate dall’esperimento?

"Il ritorno più rapido può essere nel campo della tecnologia. Ho disegnato l’esperimento vent’anni fa e poi università e Istituto nazionale di fisica nucleare hanno contribuito a costruirlo nel tempo. Per farlo si sono utilizzati per la prima volta rivelatori molto avanzati la cui tecnologia in un futuro prossimo potrebbe essere sfruttata in campi applicativi, come medicina nucleare, geologia o edilizia".

Leonardo Biagiotti