Pelletteria nella tempesta. Assopellettieri presenta i dati dei primi nove mesi 2024. La situazione è durissima, ma l’aspetto forse peggiore è che per il momento non si intravedono spiragli per una ripartenza. E in questa crisi è ovviamente la Toscana, vera locomotiva del comparto, ad accusare il colpo in maniera peggiore con il record negativo di chiusure a livello nazionale -66 aziende da gennaio a settembre ’24, e con quasi sei milioni di ore di cassa integrazione autorizzate (5.807.052 che fanno segnare la percentuale monstre di +1291,4% rispetto al 2019).
I dati elaborati per Assopellettieri dal Centro studi di Confindustria accessori moda, descrivono un terzo trimestre ancora in sofferenza (-6,7% tendenziale le vendite estere, con un -28% verso la Cina) e stimano una chiusura d’anno in cui l’assenza di miglioramenti significativi nell’evoluzione congiunturale nei mesi finali potrebbe far scendere il fatturato del settore a circa 12 miliardi di euro, con la perdita di oltre 1 miliardo sul 2023 (-8,4%).
Anche se il secondo semestre ha fatto registrare numeri meno catastrofici rispetto al primo, Assopellettieri chiaramente non cambia il giudizio complessivo su un’annata da archiviare in fretta, segnata da un cado evidente negli scambi internazionali. Dopo il rimbalzo post covid, è arrivata la battuta d’arresto che ha determinato la chiusura delle imprese (-107 su base nazionale) e la riduzione del numero di addetti (-1.307). Il calo degli ordini ha fatto crollare la produzione. Il dato medio è sconfortante: -20,5%. L’unico segno positivo è di agosto con un +3,3% al quale però è seguito un settembre disascroso con un pesante arretramento pari a -30%.
Sul fronte del fatturato, le attese per gli ultimi 3 mesi dell’anno erano improntate al pessimismo: solo 1 imprenditore su 5 prevedeva un miglioramento dell’evoluzione congiunturale nella parte conclusiva del 2024. Nel terzo trimestre non è avvenuta l’attesa inversione di tendenza. Secondo il campione, il 55% dei pellettieri intervistati ha riportato un calo nel fatturato della propria azienda rispetto a luglio-settembre dell’anno precedente, con un preoccupante 18% di operatori che ha denunciato riduzioni superiori al -20%. Ai minimi termini (19%) la quota di imprese in crescita; di queste, la metà ha dichiarato incrementi contenuti entro il +10%. Una crisi così profonda determina anche il ricorso agli ammortizzatori sociali.
La Toscana (con 5,8 milioni di ore, +218,2% di cui 2,6 milioni in provincia di Firenze, +280%) è sicuramente al primo posto. Ma a dimostrazione della transumanza di lavoro e volumi che le griffe stanno operando verso le altre regioni, al secondo posto c’è e la Campania (5,5 milioni, +175,4%). Più che raddoppiate sui primi 9 mesi 2023 anche le ore autorizzate nelle Marche (+178,2%), in Abruzzo (+127,6%) e in Puglia (+164,1%); quadruplicate in Emilia-Romagna (+304,6%). Senza provvedimenti specifici, soprattutto senza un laboratorio che ridefinisca il modello produttivo, la cassa integrazione rischia di restare un provvedimento solo temporaneo. Di certo anche in questo inizio 2025 le aziende continuano a soffrire.