Firenze, 8 settembre 2023 – Direzione Perù. L’attenzione degli inquirenti che indagano sulla scomparsa di Kata si sposta anche in Sudamerica. Dalla procura di Firenze è infatti partita una richiesta di rogatoria, passaggio tecnico per acquisire (in maniera diretta o mediante un magistrato locale) alcune testimonianze di persone che si trovano nel paese d’origine delle famiglie della bambina scomparsa quasi tre mesi or sono dall’occupazione dell’hotel Astor di via Maragliano.
Secondo quanto trapela da fonti investigative, i soggetti da sentire sarebbero diversi, anche alcuni parenti delle famiglie dei genitori. Tra queste ci sono due persone, in particolare. Si tratta dello zio paterno di Kata, che si trova detenuto in un carcere di Lima, e di un altro peruviano, di nome Jesus, ristretto nello stesso penitenziario. Quest’ultimo è il protagonista di una storia di droga che risale al maggio del 2022: ritenuto un trafficante di droga, venne perquisito nella casa di via dei Marignolli. La polizia cercava droga. Non la trovò e subito dopo Jesus fece perdere le sue tracce. Un borsone stracolmo di marijuana venne poi fortuitamente recuperato grazie ad alcuni residenti.
Secondo un’ipotesi, consegnata agli inquirenti da Miguel Angel Romero Chicclo, il papà di Kata, in questa storia della droga “persa“ di Jesus (arrestato poi in Spagna ed estradato poi in patria per un altro vecchio reato) potrebbe essere implicata anche una donna, che viveva in quello stesso appartamento, e che mesi dopo finirà all’Astor. E’ anche lei peruviana, ha pure lei una bimba della stessa età di Kata e in quel 10 giugno le due amichette erano state insieme.
Uno scambio di persona? Nel rompicapo dell’Astor, a questo punto, gli inquirenti non tralasciano neanche questa pista. Certo non la privilegiata, ma comunque degna di essere contenuta nelle centinaia di parole chiave che il pm Christine Von Borries ha ordinato al suo consulente di cercare nelle chat e nelle memorie degli smartphone che sono stati sequestrati ai genitori di Kata, allo zio materno Abel e anche al “proprietario“ dell’occupazione dell’Astor, Carlos Palomino De La Colina, sospettati di non aver riferito agli inquirenti tutto quanto sapevano.
Carlos, Abel e altri due peruviani sono stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta parallela sul racket delle camere: soldi in cambio di permanenza nell’hotel occupato. Accuse che il loro legale, Elisa Baldocci, vuole smontare. Per questo ha presentato ricorso al tribunale del riesame contro la misura, affievolita (con i domiciliari) soltanto per uno dei quattro indagati. Lunedì è in programma la discussione.
Ma l’ipotesi della ritorsione per la guerra degli alloggi resta uno dei possibili moventi della scomparsa della bambina. Ma a giudicare dal tenore delle parole da ricercare nei telefoni, anche l’ipotesi che abbia agito un pedofilo non viene accantonata. E a quasi 90 giorni dalla scomparsa, si continua a indagare. E forse si tornerà anche all’Astor.