di Stefano BrogioniFIRENZEDoppia bocciatura per la nomina di Filippo Spiezia alla guida della procura di Firenze. Oltre a quello del procuratore capo di Civitavecchia, Alberto Liguori, il Consiglio di Stato ha accolto anche il ricorso - ribaltando pure in questo caso la decisione del Tar del Lazio - del magistrato Rosa Volpe. L’ex procuratore aggiunto di Napoli, recentemente nominata alla procura generale di Salerno, uscì dalla corsa per Firenze un turno prima di quel voto al fotofinish che vide spuntarla Spiezia per una solo voto davanti all’allora procuratore capo di Livorno (oggi procuratore generale di Firenze) Ettore Squillace Greco. Anche nella sentenza Volpe, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto sbagliata la valutazione del curriculum di Spiezia che, a differenza dei colleghi, non aveva mai ricoperto incarichi direttivi o semidirettivi di altre procure ma “solo“ il ruolo di rappresentante dell’Italia e vicepresidente in Eurojust.
Adesso la palla è in mano al Csm, la cui delibera emessa il 23 luglio del 2023, è divenuta carta straccia. L’organo di autocontrollo della magistratura potrà impugnare nuovamente la sentenza del Consiglio di Stato, oppure giungere a una nuova votazione. Che difficilmente sarà thriller come quella passata. Dopo il primo turno, che escluse Volpe, restarono in lizza Spiezia e Squillace Greco. Decisive furono le astensioni, esercitate o mancate, laiche e non. Non si espresse la presidente della Cassazione Margherita Cassano (che ha guidato la corte d’appello toscana) mentre, a differenza del suo predecessore David Ermini (eletto nel 2018 in quota Pd, all’epoca renziano, amore finito in querele) il vicepresidente “leghista“ Fabio Pinelli votò per Spiezia consegnandogli le chiavi dell’ottavo piano.
E un bollino “politico“, Spiezia, da allora, l’ha dovuto sopportare, volente o nolente. Non solo nella gestione dell’ufficio, compresi i rapporti con la stampa, rispettosa degli input del governo (recentemente ha inoltrato a tutti i suoi sostituti la riforma del codice della strada “firmata“ Salvini), ma anche, ad esempio, su quello che sarà l’atteggiamento della procura nei procedimenti più osservati dal Parlamento: Open e stragi.
A fronte del proscioglimento del giudice Farini di Renzi e tutti gli altri imputati in risposta alle richieste di rinvio a giudizio avanzate dai pm Turco e Nastasi, dopo il deposito delle motivazioni (fra qualche settimana) la procura dovrà decidere se impugnare o meno. Il pm Turco, protagonista del braccio di ferro con Renzi, è andato in pensione giorni fa. Non c’è più a Firenze neanche l’ex aggiunto Luca Tescaroli, l’altra anima di quel fascicolo sui mandanti riaperto dalle intercettazioni di Graviano. Tescaroli oggi è capo di Prato e non ha mantenuto l’applicazione, come ad esempio avvenne quando Paolo Canessa, pm storico dei processi sul mostro, andò a guidare Pistoia. E il destino dell’indagine, in cui dopo la morte di Berlusconi resta iscritto Dell’Utri, ha annunciato Spiezia che si deciderà tra qualche mese. E sarà politica anche quella, ma con una procura depotenziata dalle ultime sentenze.