di Duccio Moschella
Porsi in ascolto senza giudicare. Ma non solo: accogliere in ogni aspetto la volontà di Dio nella propria vita. Maria Cristina Ogier (1955-1974), giovane fiorentina che ha speso per gli altri la sua intera esistenza minata dalla malattia, è la dimostrazione tangibile che i cammini di santità non sono fenomeni astratti o per dirla in maniera più prosaica roba da Superman. Chiusa l’8 gennaio 2016 la fase diocesana del processo di beatificazione, domenica pomeriggio i suoi resti mortali saranno traslati dalle Porte Sante all’interno della basilica di San Miniato, come richiede l’iter della causa di beatificazione, con la liturgia presieduta dal cardinale arcivescovo, Giuseppe Betori. Molti, a cominciare dal postulatore, il domenicano Francesco Maria Ricci, si aspettano a breve che siano proclamate le “virtù eroiche“ della ragazza che viveva “Sognando il Paradiso“, come ha lasciato scritto nel suo breve, ma intenso diario intimo. Motivi per essere ottimisti ce ne sono. Questo lo sa bene padre Ricci, che da segretario della postulazione generale dell’ordine dei Domenicani, ha seguito anche la causa di Giorgio La Pira e Giulio Facibeni, la traslazione a San Marco dei resti mortali di La Pira e la beatificazione del vescovo di San Miniato Pio Del Corona.
Fra i momenti più sereni dell’esistenza di Maria Cristina, uccisa da un tumore al cervello a 19 anni non ancora compiuti, ci sono quelli passati in mezzo ai malati assistiti dall’Unitalsi. Come regalo della Comunione, aveva avuto il permesso di partecipare al pellegrinaggio a Lourdes del ‘61. "Se in Paradiso si sta bene così – disse alla mamma in un momento di pausa – io sono contentissima". Non a caso la figura di Maria Cristina è rappresentata, insieme a Dino Bartolozzi, altro indimenticabile fratello di tutti, sullo stendardo della sezione Toscana fino dagli anni ‘80. Ma il suo "amore senza confini", sotto la guida spirituale di monsignor Giancarlo Setti, la rese vicina anche alle missioni francescane e la spinsero ad allestire un battello fluviale attrezzato a piccolo ospedale nel Rio delle Amazzoni, che oggi porta il suo nome. Ispirò opere assistenziali e strutture residenziali, che voleva "belle come la sua casa", per disabili, anziani e bambini, in Italia e all’estero che esistono tuttora, gestite dall’Istituto Maria Cristina Ogier, in via Fortini e viale Galileo. Nel 1971, ascoltando a scuola discorsi e pensieri a sull’aborto, esortò il papà Enrico, primario di Ostetricia e ginecologia a Careggi, a interessarsene, e fu così che si fecero a Firenze le prime riunioni sull’argomento da cui poi nacque il primo Centro di aiuto alla vita d’Italia. Morì l’8 gennaio 1974 a soli 19 anni. La vita, l’impegno, il suo itinerario spirituale continua a interrogare ancora tanti che cercano di dare senso alla vita, al dolore e alla sofferenza. Non sono forse virtù eroiche?