REDAZIONE FIRENZE

Mostro di Firenze, la scientifica a Vicchio: nel vecchio baule dell’amico di Rontini spuntano i ricordi di Pia

Quaderni e vestiti della più giovane vittima del mostro ritrovati in un garage vicino alla casa in cui abitavano i suoi genitori. E il giallo senza fine si riapre a quasi quarant’anni dall’ultimo delitto

Renzo Rontini, babbo di Pia. Diede anche lui la caccia all’assassino di sua figlia

Firenze, 17 agosto 2023 – Succede, in un giorno di inizio agosto, che certi ricordi riaffiorino, anche quando sono passati 39 anni. E perfino dove non ti aspetti.

Vicchio, la zona dell’Andrellina. Qui abitava la famiglia Rontini prima che il serial killer più famoso d’Italia, il mostro di Firenze, straziasse Pia, l’unica figlia di Renzo e Winnie, e il suo fidanzato Claudio Stefanacci. Era il 29 luglio del 1984 e da quel giorno, la vita dei Rontini venne stravolta.

La reazione al duplice omicidio che ebbe Renzo non fu quella di nessun altro genitore delle vittime del mostro. Egli dedicò i giorni che gli rimasero da campare a dar la caccia all’assassino della sua “bambina”. Rimettendoci soldi e salute. E anche una casa, quella all’Andrellina.

Della bella dimora che possedevano, i Rontini si tennero giusto qualche metro quadro. E per stipare la roba, gli venne incontro un amico, che nel suo garage riempì un baule.

Sono passati gli anni, tanti. Renzo Rontini è morto, l’amico dirimpettaio pure. E quel baule è rimasto in un garage, senza che nessuno per anni lo aprisse.

E poi arriva un giorno di agosto, poco dopo il triste anniversario numero 39. E un qualcuno apre il baule e ci trova delle cose che appartenevano a Pia.

Così l’enigma mostro si riaccende.

Perché oggi, in procura, si è ricostituito un mini-pool, che ha il compito, tutt’altro che facile, di fare tutto quanto il possibile, a quasi quarant’anni di distanza dall’ultimo duplice delitto.

E dai tempi di Silvia Della Monica, l’inchiesta sul mostro è affidata di nuovo a una donna. Anzi, due.

Al magistrato Beatrice Giunti, si è aggiunto il sostituto procuratore Ornella Galeotti, che di storie atroci e di rompicapi, se ne intende: ha indagato sul Forteto e, in tandem con la collega, ha ottenuto una condanna a trent’anni, in primo grado, per l’unica imputata dei cadaveri dei coniugi albanesi Pasho, fatti a pezzi e messi nelle valigie.

Quanto al mostro, con un colpo di fortuna che negli ultimi anni gli inquirenti non hanno mai avuto, qualche elemento nuovo potrebbe arrivare dal lavoro sui reperti. Anche se la determinazione delle pm potrebbe non bastare a superare uno scoglio quasi insormontabile: il tempo. Inteso come distanza dagli eventi, e come epoca investigativa, tanto lontana dalla nostra. Forse troppo.

E il baule di Vicchio? Nella casa in cui abitò l’amico del Rontini, giorni fa, è arrivata la polizia scientifica, che compirà indagini sul contenuto della scatola. Sembra che ci siano dei suoi quaderni di scuola in danese, delle gonne, il tristemente noto vestito da majorette con cui la più giovane vittima del mostro – poco più che 18enne - si esibiva alla festa del paese.

Probabilmente le cose di Pia alle indagini infinite non aggiungeranno niente, se non un po’ di tenerezza a una storia infame che riemerge anche soltanto aprendo la porta di un vecchio garage disabitato.