La scomparsa di Kata. Il nonno, il suo amico e la bugia dello zio. I dubbi un anno dopo

Stanno per scadere i termini ma la procura continua a interrogare per verificare i comportamenti di alcuni familiari rimasti nell’ombra. La consulente della famiglia: "Un gran via vai di persone lì dentro".

La scomparsa di Kata. Il nonno, il suo amico e la bugia dello zio. I dubbi un anno dopo

La scomparsa di Kata. Il nonno, il suo amico e la bugia dello zio. I dubbi un anno dopo

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Ma cosa ha fatto il nonno paterno di Kata, Adelfo, il giorno in cui è scomparsa sua nipote? E chi è l’amico che viveva con lui dentro la stanza occupata? Perché lo zio Marlon - tutt’ora indagato per la scomparsa della bimba - cambia versione sugli spostamenti suoi, dei nipotini e di suo padre?

A quasi un anno dall’inizio del giallo dell’hotel Astor di via Maragliano, si riaccende una fiammella investigativa, mirata a verificare dichiarazioni e comportamenti di chi era nella struttura quel sabato di giugno. L’anniversario della scomparsa, del resto, non è soltanto una data di manifestazioni per tenere alta l’attenzione sul caso, ma anche un momento in cui la procura deve tirare le somme sui fascicoli aperti: per quanto è dato sapere, per la scomparsa della bimba sono indagati i due zii, Abel e Marlon. Entrambi nell’albergo quel giorno.

Con l’arrivo del procuratore Filippo Spiezia, gli inquirenti sono quasi ripartiti da capo. E sono tornati a concentrarsi su quei momenti immediatamente successivi al momento in cui Kata scende le scale e dopo alcuni minuti nessuna la trova più.

Il nonno Adelfo è una figura che è sempre rimasta tre passi indietro rispetto agli altri componenti della famiglia, come i genitori e i due zii. Però anche lui, quel giorno era nella struttura. Molto vicino a Kata e all’altro nipotino. E ha un comportamento che a tratti non si spiega.

Suo figlio Marlon, è stato sentito una prima volta dai carabinieri di Borgo Ognissanti, poi dalla pm Christine Von Borries il 26 giugno, che lo coglie in fallo: ha dato una versione, nel corso del primo colloquio con gli inquirenti, su dove avesse dormito la notte tra il 9 e il 10, l’ultima prima della scomparsa di Kata, e dopo la cambia. "Ho mentito perché me lo ha detto mio padre", la sua giustificazione.

Ha inizialmente detto ai carabinieri di aver dormito dalla mamma, che vive a Pistoia, di aver preso un autobus al mattino, di essere sceso in piazza Puccini e di essere arrivato all’Astor intorno alle 10. "Mentre stavo camminando per raggiungere l’hotel Astor, sono stato contattato da mio padre Adelfo che mi ha chiesto di raggiungere la stanza in cui dimorano Kata e Lenny per portarle da lui in quanto voleva salutarli". "Questa cosa avviene spesso - aggiunge Marlon ai carabinieri - ed io sono solito, su richiesta di mio padre, portare i bambini da lui".

A distanza di qualche giorno “confessa“ che il padre gli aveva suggerito di dire che non aveva dormito lì perché "era proibito per una persona in regola con i documenti come me". Ma questo cambio di versione non basta ad “allontanare“ Kata e il fratellino dalla stanza del nonno. Perché sempre Marlon dice che alle 12.30/13, quando è andato nella stanza di Abel a prendere un pollo dal frigorifero, Kata piangeva perché voleva seguirlo "e allora ho deciso di portare sia lei che il fratello nella mia stanza". I bambini, dice ancora Marlon, sono rimasti in stanza fino alle 13/13.30 "poi sono usciti, io li ho visti dalla terrazza". Marlon avrebbe poi lanciato a Kata una lattina di Coca cola portata da Franco, un amico che vive nella stanza di nonno Adelfo. Però lo zio Abel, alle 16, sempre secondo il racconto di Marlon, cerca Kata nella stanza del nonno, e non nel cortile. La criminologa Stefania Santorini, consulente della mamma di Kata, Katherine Alvarez, ha visto le immagini delle telecamere sin dalla mattina del giorno della scomparsa e vorrebbe approfondire alcuni punti: "C’era un gran via vai di persone all’Astor". Per questo, ha ottenuto l’ok a tornare nell’ex hotel, anche se non sa quando. Però anche lei è convinta che la chiave del mistero sia ancora lì dentro.