STEFANO BROGIONI
Cronaca

La scomparsa di Kata "Rapita al posto di un’altra bimba" Una nuova pista porta in Perù

La piccola potrebbe essere stata coinvolta per errore in una vendetta contro un pusher fuggito all’estero. I sospetti dopo una telefonata tra il padre e lo zio della bambina. Si va verso la rogatoria internazionale .

La scomparsa di Kata "Rapita al posto di un’altra bimba" Una nuova pista porta in Perù

di Stefano Brogioni

E se Kata fosse stata rapita al posto di un’altra bambina? Se i suoi familiari fossero diventati il bersaglio di una vendetta non indirizzata a loro, legata a una partita di droga persa? Dopo ottanta giorni di buio, di ricerche vane e di omertà tra gli occupanti dell’hotel Astor, nel ventaglio delle piste battute dagli inquirenti dal 10 giugno ad oggi, prende corpo anche questa ipotesi. E per percorrerla, i magistrati della Dda di Firenze potrebbero andare fino in Perù. A chiedere conto di una perquisizione nell’appartamento fiorentino di un pusher peruviano e a capire se un simile “sgarro“, nel mondo della malavita, avrebbe potuto innescare una ritorsione verso una creatura innocente come quella di cui potrebbe essere stata vittima Kata.

La procura sta preparando una richiesta di rogatoria ai colleghi sudamericani per sentire almeno due persone, attualmente detenute in un carcere di Lima. Si tratta di uno zio paterno di Kata, e appunto il trafficante di droga, in passato legato a una donna che fino allo sgombero del 17 giugno ha abitato nell’albergo di via Maragliano da dove è sparita la piccina.

Ma per raccontare questa storia, figlia dei boatos della comunità peruviana, riportata al pm Christine Von Borries anche dal babbo della bimba scomparsa, bisogna riavvolgere il nastro.

Fino all’aprile del 2022. Quel giorno, la polizia si presentò all’appartamento di una donna peruviana, madre di una bambina, convinta che là dentro potesse esserci un ingente quantitativo di marijuana nella disponibilità del connazionale a cui era legata. Fu una perquisizione rocambolesca. Inizialmente, infatti, la droga non venne rinvenuta. Ma giorni dopo, alcuni condòmini trovarono un borsone in giardino con dentro diversi etti di “erba“. Probabilmente la borsa era stata gettata dalla finestra durante la perquisizione precedente per evitare l’arresto. E chi l’aveva ceduta a credito, non ha mai avuto il pagamento.

Perché da quel giorno, il pusher peruviano si dileguò da Firenze e dall’Italia. Verrà acciuffato alcuni mesi dopo in Spagna, raggiunto da un mandato d’arresto per una vecchia storia del suo passato in Perù. La donna, invece, nel settembre successivo finirà assieme ai figli nell’occupazione dell’hotel Astor. E qui i destini potrebbero essersi incrociati con quelli di Kata e della sua famiglia. La partita di droga persa rappresentava un conto ancora aperto con qualcuno? Un’ipotesi che si rafforza con il fatto che la figlia della donna legata al pusher ha la stessa età della bimba scomparsa. E che il giorno in cui Kata è sparita, le bambine, come accadeva spesso, avevano anche giocato insieme nella stanza della madre peruviana. Ed è la piccola con cui Kata ha giocato (e forse anche litigato) fino a poco prima di sparire.

Ad accendere un faro sulla pista che porta fin nelle celle del Perù, è stata una telefonata tra Chicclo e suo fratello, che oggi si trova detenuto nello stesso carcere in cui è finito il pusher della partita persa. Nella conversazione, egli chiede al fratello di indagare sulla possibilità che quanto accaduto all’Astor potesse essere figlio di quella storia della droga andata perduta.

Il padre di Kata, detenuto a Sollicciano il giorno in cui sua figlia è scomparsa, appena uscito si è subito mosso anche in autonomia per cercare di capire dove fosse finita la bambina: nella prima sera di “libertà“, si è recato in un campo nomadi a cercare informazioni. Peraltro, gli inquirenti sospettano che Romero Chicclo non abbia riferito tutto quello di cui è a conoscenza. Da qui, l’esigenza di acquisire il suo smartphone. Un sequestro scattato contestualmente ai quattro arresti legati al racket delle camere dentro l’occupazione, in cui sarebbe coinvolto anche lo zio materno della bimba, Abel. La guerra per le stanze è ritenuto un altro possibile movente della scomparsa. E dall’analisi di quei telefoni, gli inquirenti sperano di trovare quello spunto decisivo che finora non è arrivato dall’analisi delle telecamere.