Il giorno dopo la tragedia in via di San Felice a Ema a colpo d’occhio nulla nella strada fa trasparire il dramma che si è consumato in villa. La strada è stata riaperta, la lunga schiera di mezzi di soccorso è sparita. Solo a uno sguardo più attento si nota in fondo al vialetto sterrato un furgone rosso tra la vegetazione: sono i pompieri che stanno controllando la canna fumaria. Avvicinandosi al paese si vedono le telecamere al circolo Unione lavoratori, punto di ritrovo del rione, dove Maragarida Alcione, morta in casa per le esalazioni da monossido, e la sua bimba erano di casa. La piccina ancora è in camera iperbarica e tutti pregano che possa farcela e che si trovi qualche parente che si occupi di lei, magari che possa continuare a crescere nell’abbraccio della comunità collinare. Bruna, cara amica di Margherita e barista del circolo, si chiude nel silenzio: "Non mi sento di dire nulla", dice distrutta, con il volto ancora straziato da ore di pianto.
Nella scuola dove andava la bambina ricorverata al Meyer c’è una grande tristezza tra il personale: la conoscevano tutti perché nell’istituto aveva fatto anche la materna. "Una bambina meravigliosa: sempre socievole, disponibile, attenta – racconta la dirigente scolastica – Siamo tutti scioccati. Siamo in attesa e ci stiamo unendo nella speranza che si riprenda. Anche la mamma era una persona socievolissima e gli altri genitori la adoravano, c’era per ogni iniziativa". La bambina ha anche "un cane lupo, che feste all’uscita di scuola. Ci è molto affezionata, tanto che una volta l’ha portato in classe per farcelo conoscere". Ai compagni si cerca per ora di tenere nascosto il dramma: "Ai bambini non abbiamo detto niente perché la psicologa ha detto che è meglio sorvolare finché la situazione è in evoluzione. Sono molto piccoli e con la psicologa studiamo un piano per comunicarlo insieme alle maestre secondo i protocolli della loro età. Comunque abbiamo annullato le iniziative di festa". Ora c’è da pensare al suo futuro: "Non conosciamo parenti qui, ci stiamo muovendo con i genitori e la presidente di quartiere. La scuola c’è per collaborare con tutti per il bene della bambina. Vorremmo che continuasse a venire qui perché la scuola è il suo ultimo punto fermo, la conosciamo dall’ infanzia e siamo come una seconda famiglia".
Quella vera, di famiglia, è stata sterminata da un killer silenzioso. "Erano benestanti ma dei grandi lavoratori – sottolineano ancora in paese – Si davano da fare a sistemare e gestire le loro proprietà da soli, Matteo sapeva fare un po’ tutto e anche lei era molto intraprendente, una lavoratrice instancabile. Quando staccava era una bomba di energia: ballava, cantava, scherzava".
Carlo Casini