
PRESSPHOTO Firenze processione con il vescovo mons. Gambelli dalla Santissima Annunziata al Duomo per apertura diocesana del Giubileo. Foto Marco Mori /New Press Photo
Firenze, 14 aprile 2025 - La domenica delle palme apre la Settimana Santa. Gesù entro a Gerusalemme accolto anche da tanti bambini, come quelli che andavano alla liturgia a Sumy. Abele, il "soffio", è spesso un bambino, in Terra Santa, in Ucraina, sui barconi, nella geografia segnata dalla guerra e dalla sua cecità, per cui la colpa è sempre degli altri. Mentre si procurava questa tragedia, l'arcivescovo di Firenze, Gherardo Gambelli, nella sua omelia in Santa Maria del Fiore per le Palme, ha richiamato quelle categorie così profonde e vere, ma anche per questo temute dai signori delle armi, che sono il "bisogno di un perdono infinito" e di "tenerezza smisurata" nel nostro presente "di guerre, di ingiustizia sociale ed economica, di povertà materiale e spirituale". Ne sono testimonianza anche "le nostre personali ferite e i nostri propri mali". Se "smarriamo la consapevolezza di aver bisogno di questa tenerezza 'smisurata' di Dio, a noi uomini non rimarrebbe altro che l’abisso del nostro male". Di questo bisogno di perdono è immagine emblematica il ladrone “buono”, che "si lascia colpire da Gesù – dal suo soffrire e dal suo perdonare, ricordandoci che non è un ragionamento astratto su Dio, o l’adesione a una dottrina ciò che ha la forza di salvare la vita quanto, piuttosto, riconoscere il proprio bisogno estremo e incrociare lo sguardo con questo amore vivo di Dio fatto carne: lasciarsi guardare e perdonare da Gesù". La Storia, quella maiuscola, si cambia se c'è questo movimento sotterraneo di semplicità, quando si diventa "semplici come il ladrone, così da poter intercettare anche noi, in mezzo alle sofferenze della storia e ai tanti 'crocefissi' dalle ingiustizie, coloro in cui brilla l’unica vera forza capace di cambiare la storia e porre un limite al male: la forza del perdono e della tenerezza di Cristo". Come non pensare anche i due senza fissa dimora trovati senza vita, la scorsa settimana, in piazza Tasso. In quella circostanza Gambelli invocò la "compassione" come sentimento che "ci deve unire tutti in un momento come questo, mentre il pensiero triste va a chi è morto da solo per strada. Come cristiani siamo chiamati ad essere segno della presenza del Signore specialmente per i bisognosi, per farci prossimi e lenire le loro ferite. Non stanchiamoci mai di operare nella carità, di provare la stessa compassione di Gesù davanti ai poveri. Le istituzioni, la Caritas e tante altre realtà sono impegnate ogni giorno per individuare chi ha bisogno di aiuto, anche se a volte questo viene rifiutato, e dobbiamo proseguire insieme e fare quanto più possibile perché nessuno sia abbandonato nella sofferenza e muoia in solitudine".