
L’assessore regionale alla protezione civile Monia Monni
Il consiglio comunale straordinario sul rischio idraulico di martedì è stato anche l’occasione per fare il punto della situazione con l’assessora regionale alla Protezione civile Monia Monni. Assessora Monni, cosa è stato fatto prima e dopo l’alluvione?
"L’impegno su questo territorio fragile è stato continuo. Sulla Marina, per esempio, c’era un progetto complessivo, diviso in 9 lotti e molti stralci, per attuarlo in base alle risorse disponibili. Le priorità furono definite da un gruppo di esperti coordinati dall’Autorità di Distretto. Negli ultimi anni abbiamo realizzato 6,9 milioni di lavori, ne abbiamo altri 6,8 in fase di appalto. A questi si sommano 7,9 milioni post-alluvione. Penso anche all’intervento in corso sul Bisenzio, vicino alla Rocca, finanziato con 2,7 milioni di Pnrr, e alla cassa dei Renai, a Signa, che stiamo ultimando e che proteggerà anche la fascia sud di Campi. La Toscana è tra le regioni che investe di più in prevenzione: 700 milioni di cantieri di opere idrauliche aperti prima del 2 novembre e 200 milioni annui per opere e manutenzioni. Ma abbiamo 47mila km di argini e risorse limitate. Dopo l’alluvione abbiamo eseguito 122 milioni di interventi in Regione, 13 dei quali a Campi. Il loro effetto si è misurato durante l’evento del 14 marzo".
Cosa rimane da fare?
"Molto, perché c’è un prima e un dopo 2 novembre 2023. Oggi sappiamo che la realtà imposta dal cambiamento climatico è assai più dura di quella prevista nei piani e nelle norme. Per dare una sicurezza adeguata a Campi servirebbero i 107 milioni di opere previste dal piano dei fabbisogni condiviso col Governo e che porta l’intestazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Piano sul quale il Governo tace ancora. Ma prevenzione non significa solo opere".
Infatti durante il consiglio ha citato la legge 41/2018. Cosa c’entra la pianificazione urbanistica?
"Devono essere realizzate opere che ci proteggano da eventi che superano le previsioni normative, ma non basteranno se, come l’orchestrina del Titanic, continueremo a suonare la stessa musica mentre la nave affonda. Servono argini e casse di espansione, ma è inutile ridurre il rischio da una parte e aumentarlo dall’altra, continuando ad edificare dove il rischio si è già manifestato. I suoli non solo non vanno più impermeabilizzati, ma vanno restituiti al deflusso delle acque. La legge 41 stabilisce che non si può costruire in aree che, anche se non classificate a rischio, si sono allagate e impone di prendere atto che se la natura ci ha impartito una dura lezione, quella lezione va imparata. La sicurezza idraulica deve guidare le scelte urbanistiche, non rincorrerle con fantasiose e insufficienti compensazioni. Le città, cresciute in un tempo in cui obiettivi, conoscenze e condizioni meteoclimatiche erano diverse, possono fare molto per ridurre il rischio. Stiamo finanziando bandi per diverse decine di milioni e affrontando un esteso percorso formativo per dare agli amministratori gli strumenti per lavorarci".
Il muro di via delle Corti preoccupa. Qual è la situazione?
"Dopo l’evento del 2 novembre, Genio Civile e settore sismica hanno effettuato verifiche approfondite che non hanno rilevato particolari criticità. Però ci sono infiltrazioni, probabilmente tra i giunti sismici, che hanno giustamente allarmato i cittadini che ci hanno contattati durante l’evento del 14 marzo. Abbiamo attivato un monitoraggio continuo e stiamo conducendo accertamenti che consentiranno di definire l’intervento più efficace per migliorare la difesa idraulica di quella parte di muro, probabilmente prevedendo anche il suo innalzamento".
I 63 milioni stanziati nello stato di emergenza nazionale per il 14 marzo sono sufficienti per coprire le spese già sostenute?
"E’ un primo importante stanziamento. Ad oggi abbiamo sostenuto circa 120 milioni di euro per far fronte all’emergenza".
Pier Francesco Nesti