di Benedetta Macchini
Londa è un piccolo comune situato tra le montagne fiorentine. Per arrivarci le strade si assottigliano e si contorcono, ma il paesaggio che accoglie i visitatori all’arrivo ripaga il lungo viaggio. Un ponte e un fiume trasparente, le case di mattoni colorati e l’aria pulita. "L’aria è la prima cosa che senti quando arrivi", sorridono Gino e Paola, due signori anziani che passeggiano con il cane, altrettanto anziano.
"Ci siamo trasferiti qui da Firenze – raccontano – per cercare una qualità di vita migliore e l’abbiamo trovata. In città non respiri per l’inquinamento, ma a Londa è un piacere alzarsi la mattina. Il problema è che negli ultimi anni ci hanno tolto tutti i servizi: un anno e mezzo fa ha chiuso il giornalaio, mentre il benzinaio non c’è più da tantissimo tempo. Adesso ci hanno tolto pure la banca".
Infatti Londa, come molti altri comuni montani, soffre da tempo di due mali concomitanti: lo spopolamento e la mancanza di servizi. "Quando ci hanno annunciato che avrebbero chiuso lo sportello bancario – racconta Tommaso Cuoretti, sindaco di Londa – mi ci sono barricato dentro per ore, ma la protesta è servita a ben poco. In un paesino come questo, abitato più che altro da persone anziane, la banca svolgeva anche una funzione sociale, di punto di ritrovo. Adesso hanno tolto agli anziani uno dei pochi motivi per uscire di casa e questo si aggiunge ai tanti problemi che già abbiamo".
Un’altra difficoltà di Londa è la linea telefonica. "In sei frazioni su sette – spiega Cuoretti – il telefono non prende. C’è solo la linea fissa che, se posso essere sincero, funzionava meglio negli anni ‘50. Ad esempio ci vuole un minimo di 40 giorni per riparare un guasto e, in quel lasso di tempo, intere frazioni rimangono isolate. Recentemente, ho dovuto gestire ben due frazioni tagliate fuori dal mondo".
Poi, un problema comune dei piccoli paesi di montagna che affligge anche Londa è la mancanza di figure professionali specializzate. "L’ultima novità – continua Cuoretti – è l’accorpamento del pediatra di base a tutto il Mugello. Quindi, se già prima era difficile prenotare una visita in tempi decenti, adesso è impossibile. Tutti questi fattori portano i cittadini di Londa a lasciare il paese e a spostarsi in comuni più vivibili".
"A forza di creare disagi ai cittadini – commenta Aleandro Murras, ex sindaco di Londa – si scoraggiano le nuove leve che potrebbero venire e ciò fa sì che non si crei un ricambio generazionale. Così i vecchi muoiono, i giovani se ne vanno e forestieri non arrivano. Questa è la ricetta dello spopolamento. Ma se si abbandonano i paesi dell’entroterra si fa un danno a tutti: non possiamo ricordarci della montagna solo quando ci sono le alluvioni".
San Piero a Sieve è una frazione del comune sparso di Scarperia e San Piero. I due comuni sono stati uniti nel 2014 e, dopo tale fusione, il continuo spopolamento è sembrato arrestarsi.
"Diciamo che dal 2014 – spiega il sindaco Federico Ignesti – la popolazione non è diminuita, ma non è nemmeno cresciuta. Questo è dovuto a una contrazione delle nascite: se nel 2014 contavamo 105 bambini l’anno, nel 2024 arriviamo a malapena a 70. Ovviamente, lo spopolamento ha portato a una riduzione dei servizi. Ad esempio, a San Piero a Sieve è rimasto solo un bancomat e siamo in trattativa per farci lasciare almeno quello. Per non parlare delle edicole: a Scarperia ne è rimasta solo una, a San Piero sono chiuse tutte".
"Il vero problema – ci confida Alessandra, che incontriamo mentre sta bevendo un caffè in un bar di Scarperia – è che non c’è lavoro. I giovani se ne vanno perché il paese offre poco. Io sono rimasta, ma molte persone sono costrette ad andarsene. In più, nessuno vuole venire a lavorare in un piccolo paese".
Il problema della marginalità dei paesi montani si somma alle tante difficoltà che già affrontano. Infatti, la scomodità per raggiungerli e l’assenza di trasporti funzionali scoraggia chi, da fuori, è chiamato per lavorarci.
"Siamo stati mesi ad aspettare dei docenti per le nostre scuole", denuncia Marco Bottino, sindaco di Palazzuolo Sul Senio. "Adesso c’è il problema del medico di base: è andato in pensione uno dei due dottori che operava in paese e non si trova nessuno per sostituirlo. Ma non mi stupisco. Siamo una zona delicata, di frontiera, ma veniamo trattati senza alcun riguardo".
Secondo Bottino, l’alto Mugello non dovrebbe essere gestito come qualsiasi altra frazione, ma amministrato con la consapevolezza delle sue problematiche. "Si ricordano di noi solo quando ci sono le alluvioni, senza pensare alle nostre necessità quotidiane. Ad esempio, il nostro principale mezzo di trasporto, la ferrovia faentina, viene bloccato ogniqualvolta c’è allerta arancione e abbiamo pochissimi mezzi sostitutivi".
E ancora: "A questo si aggiunga che a noi, essendo un comune toscano nel bacino idrografico dell’Emilia-Romagna, le opere di manutenzione ordinaria per i rischi alluvionali vengono fatte dal Consorzio di Bonifica romagnolo, che non ha nemmeno a disposizione i fondi adeguati. In sostanza per i toscani siamo emiliani e per gli emiliani siamo toscani".