La verità dell’imam: "Sono ragazzi soli, i nostri fedeli e il sogno di diventare operai"

Izzedin Elzir sta facendo da ponte con i familiari delle vittime "Vengono in Italia dopo aver speso tanti soldi, non chiedono garanzie ma solo la speranza di conquistare un pezzo di pane".

La verità dell’imam: "Sono ragazzi soli, i nostri fedeli e il sogno di diventare operai"

La verità dell’imam: "Sono ragazzi soli, i nostri fedeli e il sogno di diventare operai"

di Pietro Mecarozzi

Il suo telefono squilla senza sosta da due giorni. Sono madri, mogli e figli delle vittime. Cercano una spiegazione, un perché a questa tragedia, chiedono informazioni sulle procedure da seguire per riportare il corpo dei propri cari in terra natia. E Izzedin Elzir, l’imam di Firenze, risponde a tutti, pesa le parole, li conforta, piange insieme a loro.

Elzir, la tragedia di via Mariti ha scosso profondamente anche la comunità islamica. Cosa state cercando di fare in un momento così difficile?

"Le famiglie sono sconvolte da quanto è successo: noi come comunità cerchiamo di fare da ponte dall’Italia al Marocco, o alla Tunisia. Preghiamo ogni giorno per quegli operai che non ce l’hanno fatta e stiamo tentando anche di raccogliere dei fondi per dare un contributo alle spese per il trasferimento delle salme. Stiamo facendo il massimo".

Tanti giovani e meno giovani si presentano alla moschea con storie molto simili a quelle delle vittime. Può dirci di più?

"Si tratta di ragazzi soli in una grande città, con le famiglie a centinaia se non migliaia di chilometri di distanza. Dormono in locali dismessi, e vengono da noi in cerca di un supporto morale o di un aiuto economico. Spesso scelgono di partire verso il Sud Italia con la speranza di trovare un nuovo lavoro, possibilmente in nero. Pensavano di trovare il paradiso quando sono partiti, ma scontano la durezza di una realtà spietata".

Si spieghi meglio.

"Negli ultimi due anni sono aumentati vertiginosamente i nostri fedeli che hanno scelto di diventare operai edili. Non chiedono garanzie o tutele, vogliono solo lavorare per garantirsi un pezzo di pane. Arrivano qui dopo tanti sacrificio, viaggi estenuanti e l’alternativa al cantiere è la strada o la criminalità. Per loro è una specie di ultima spiaggia".

Gli operai morti avevano delle famiglie da mantenere. Cosa succede adesso?

"Chi sceglie di venire in Italia deve sostenere delle spese molto importanti. Le famiglie si indebitano e senza un’entrata fissa le loro condizioni si aggravano. Il dolore che stanno affrontando non si può spiegare, e in più adesso si trovano di fronte a un futuro incerto e problematico".

Cosa si può fare secondo lei per garantire maggiori tutele a queste persone?

"Serve un intervento strutturale a livello nazionale. Ma anche snellire i processi per accedere ai documenti: chi risulta irregolare sul territorio si affaccerà sempre a un mondo che non offre sostegno o protezione, mettendo così a rischio la propria vita. In questo modo perdiamo tutti: gli operai, le loro famiglie e la società".